mercoledì 26 dicembre 2012

A un passo ..

Conosco una persona - e credo che in questa sede non sia necessario specificare se sia uomo o donna poichè ne esistono milioni come il soggetto in discussione in questo post - che è fermamente, fervidamente, profondamente, convintamente, cristiano-seguace! La qual cosa sarebbe eticametne onorevolissima. Infatti le teorie crisitane sono socialmente rilevanti per il miglioramento sociale ma... e c'è un ma, sempre se prese "cum grano salis". L'acceso fervore che schiaccia le volontà e deprime le libere espressioni, non è poi così pedagogico, tende a distruggere il pensiero e "violenta" i caratteri ! Assume piuttosto l'aspetto del Dio dell'ultim'ora! Distruggere l'umanità peccatrice! ... è solo un passo!

domenica 9 dicembre 2012

Quel debito sovrano da non spalmare ...

Ad aprile di quest'anno il Dipartimento Economia e Lavoro del PD, di cui è responsabile Stefano Fassina, stilò il seguente documento : Contributo di analisi e indicazioni di policy, del PD al predisposto dal Governo Monti

Cui fecero seguito analisi e riflessioni postate sul sito del Pd dei giovani democratici di Firenze, che quì di seguito si riportano integfralmente:

Introduzione

Secondo le prescrizioni del "semestre europeo", l'Italia, come tutti i paesi membri dell'Unione europea e dell'area euro, è tenuta a presentare in aprile alla Commissione e al Consiglio dell'Unione una versione aggiornata del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma (PNR). L'importanza di tali documenti è stata accresciuta dalle sempre più stringenti necessità di coordinare le politiche economiche nell'euro-zona, non soltanto in coerenza con le decisioni assunte nei mesi scorsi, sia quelle entrate in vigore (six pack), sia quelle in via di ratifica (fiscal compact), ma soprattutto in risposta ad una fase di tensioni economiche, sociali e finanziarie in aumento.

Il presente documento, a differenza di quanto presentato lo scorso anno dal Pd, non è un PNR.

È il tentativo di offrire un contributo di analisi e, insieme, qualche circoscritta indicazione di policy al PNR predisposto dal Governo Monti. Il primo capitolo è dedicato all'area euro. Il secondo all'Italia. Poi seguono 4 focus: la distribuzione del reddito; i divari territoriali italiani; il mercato del lavoro e, infine, le politiche industriali. I focus sono stati scelti per dare visibilità a variabili economiche importanti, anzi decisive, ma trascurate ai fini dello sviluppo sostenibile (la distribuzione del reddito; le politiche industriali) oppure considerate secondo una lettura poco fondata sul piano empirico (il mercato del lavoro; i divari territoriali).

Vogliamo insistere sull'analisi delle criticità dell'eurozona e dell'Italia perché continua a prevalere nel dibattito e nelle iniziative di policy europea e nazionale una lettura infondata dei problemi. E senza un'analisi corretta dei problemi le risposte sono sbagliate o comunque inadeguate. Nell'Unione Europea e nell'area euro la catena di recessione-stagnazione-recessione, aumento della disoccupazione, indomabilità dei debiti pubblici e instabilità finanziaria non è casuale. Deriva da una politica economica inadeguata, a sua volta frutto di un'analisi infondata. Le promesse di crescita dei governi nazionali europei rischiano di essere illusorie senza un riorientamento radicale della politica economica dell'area euro.


L'insistenza ossessiva sugli squilibri di finanza pubblica come causa delle difficoltà dell'euro è fuorviante. Le speranze riposte nelle riforme strutturali, interventi pur utili quando ben disegnati, sono illusorie nell'attuale situazione europea, data la carenza di domanda aggregata e l'enorme capacità produttiva inutilizzata. Centrali nella comprensione dei problemi dell'eurozona sono invece gli squilibri che si sono manifestati nei saldi delle bilance dei pagamenti. Le radici di tali squilibri sono nei differenziali di competitività, nelle scelte miopi di politica economica attuate a livello nazionale (in primis nei cosiddetti Paesi periferici, ma anche nei Paesi "virtuosi") e, in misura rilevante, nell'inadeguatezza degli strumenti di governance economica a livello comunitario.


Guardando all'Italia e alla debolezza della crescita della sua economia, va contrastata un'interpretazione riduttiva del problema della competitività, tutta concentrata sull'idea che occorra agire sul costo del lavoro, sia in senso diretto operando una deflazione salariale che introducendo ulteriore flessibilità. A tale interpretazione va contrapposta una linea di intervento che migliori la produttività del lavoro tramite investimenti in capitale fisico e umano, nonché con azioni e politiche a largo raggio mirate ad aumentare la produttività totale dei fattori. Una nostra attenzione prioritaria, vista la vocazione manifatturiera del nostro paese, va alla riattivazione della politica industriale.


I focus sull'Italia comprendono anche qualche proposta. Le priorità indicate vanno intese in sinergia con le posizioni programmatiche definite dal Pd nel corso degli ultimi due anni. Ad esempio, il focus dedicato alla distribuzione del reddito va letto nel quadro delle proposte per la riforma fiscale ("Fisco 20, 20, 20") e delle proposte per la riforma delle politiche sociali e del welfare. Il focus sulle politiche industriali va considerato in sinergia con gli interventi definiti dal Pd per la scuola, l'università, la ricerca, l'innovazione, la green economy, le politiche per le infrastrutture e la logistica. Insomma, i focus contengono aspetti specifici e parziali di una strategia per lo sviluppo sostenibile che va intesa come un insieme coordinato di interventi plurisettoriali.


È la strategia di sviluppo, sostenibile sul piano economico, sociale ed ambientale, articolata nel documento "Europa, Italia. Un programma alternativo per la crescita" proposto dal Pd nel marzo 2011 in alternativa al PNR del Governo Berlusconi. Una strategia che individuava due obiettivi sistemici e complementari, driver e bussola di tutte le riforme di settore:

- l'innalzamento del tasso di occupazione femminile fino a raggiungere nel 2020 il 60% (ossia circa 3 milioni di donne occupate in più rispetto ad oggi);

- l'innalzamento della specializzazione produttiva dell'Italia

Tali obiettivi dovrebbero guidare gli investimenti in conoscenza, gli interventi di politica industriale e fiscale, le riforme strutturali (in particolare: il completamento delle liberalizzazioni, la riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni e la riqualificazione della spesa pubblica, la regolazione della democrazia nei luoghi di lavoro), gli investimenti per la logistica.


L'obiettivo di occupazione femminile, che richiede la presenza di servizi sociali di qualità e un'adeguata dotazione finanziaria, è strettamente correlato all'obiettivo di occupazione giovanile e, conseguentemente, all'obiettivo di occupazione nel Mezzogiorno. L'innalzamento della specializzazione produttiva è connesso al miglioramento della produttività, che a sua volta può derivare soltanto dalla realizzazione di adeguati investimenti, soprattutto nel settore manifatturiero.


Come nel nostro PNR dello scorso anno, sottolineiamo che gli obiettivi di finanza pubblica di medio periodo (2020) sono realizzabili sul piano economico e sostenibili sul piano sociale soltanto entro una strategia orientata allo sviluppo nell'eurozona e in Italia. In caso contrario, a diventare di gran lunga più probabile sarebbe lo scenario "pessimista" presentato qui nel secondo capitolo, che incorpora gli effetti di finanza pubblica conseguenti alle manovre degli ultimi anni e ai vincoli imposti dal fiscal compact.


Tale strategia richiede di imboccare la strada indicata da ultimo nella dichiarazione proposta a Parigi ("Reinassance for Europe") dalla Foundation for European Progressive Studies e dalle Fondazioni Italianieuropei (Italia), Friedrich Ebert (Germania) e Jean Jaurès (Francia) e condivisa da Pd, Psf e Spd. È una strada alternativa agli indirizzi di politica economica oggi in atto nell'eurozona, dettati dai governi conservatori di Berlino e Parigi. Ed è la strada già indicata nel citato documento del Pd del marzo 2011:

1. consentire all'ESM di finanziarsi direttamente sul mercato attraverso l'emissione di obbligazioni europee garantite solidalmente da tutti i paesi;

2. permettere alla BCE di operare come prestatore di ultima istanza;

3. trasformare in Stability bond la parte corrispondente all'incremento del debito provocato dalla crisi, o – viceversa – quella che eccede il 60% del Pil di ciascun Paese (ad es. secondo lo schema del "redempion pact" messo a punto dal Consiglio degli esperti economici del governo tedesco);

4. introdurre uno standard retributivo europeo per promuovere un tasso di crescita delle retribuzioni reali almeno pari al tasso di crescita della produttività del lavoro con l'obiettivo di favorire il riequilibrio fra paesi in surplus e in deficit con l'estero;

5. aggiornare e attuare la proposta di Jacques Delors per un Piano di sviluppo europeo centrato su investimenti pubblici e produzione e consumo di beni comuni, necessari non solo a generare uno sviluppo sostenibile su scala continentale, ma anche a riequilibrare la crescita nelle diverse aree dell'Unione (da finanziare con Project bonds e/o specifici strumenti fiscali a livello europeo fra i quali la Financial Transaction Tax e il rafforzamento della tassazione ambientale;

6. promuovere una più equilibrata distribuzione del reddito primaria (conseguita sul mercato del lavoro, specialmente nei paesi con maggiore competitività) e secondaria (sostenuta da interventi fiscali e di welfare), capace di restituire potere d'acquisto e sicurezza alle famiglie.

In sintesi, proponiamo una strada realistica, orientata alla valorizzazione del lavoro, per uno sviluppo sostenibile sul piano macroeconomico, sociale ed ambientale in Europa ed in Italia.
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Ora, premesso che il documento è condivisibile in ogni sua parte, soprattutto per gli incentivi allo sviluppo dell'occupazione femminile, che nelle rosee previsioni del documento si porterebbe al 60%, e negli incentivi alla spesa delle famiglie innalzando il reddito dei ceti medio-bassi attraverso soprattutto politiche di sostegno europee, anche per chi è profana della materia come me, mi pemetto di avanzare una sola piccolissima osservazione, dettata non da specialistica visione economica, ma dal buon senso comune(e non mi si consideri troppo presuntuosa in ciò).
Per amore di partecipazione esprimo l'opinione secondo cui l'unica cosa che non potrebbe andare è l'idea ricorrente come panacea a tutti i mali finanziari, di spalmare il debito sovrano dei singoli stati sul carico generale dell'Europa. Questo, contrariamente a quanto si crede, a mio parere, e sempre a mio esclusivo parere, affosserebbe ancor più la delicata fase economica che stiamo attraversando come continente.
Detto ciò mi sembra che il Pd sia ben equipaggiato per formare compagine di governo!