giovedì 26 dicembre 2013

Democrazia, partecipazione e responsabilità




"Dobbiamo tener conto che l'uso di Internet oggi è nella disponibilità solo di una parte della popolazione. C'è tutto un mondo che non partecipa alla Rete e, d'altronde, dobbiamo recuperare tutta una fascia di persone deluse e sfiduciate. Una democrazia vera deve saper sollecitare la partecipazione di tutti. E poi c'è un altro aspetto: la Rete non annulla i fenomeni di leaderismo, anzi li accentua, rendendoli spesso più oscuri. Preferisco una democrazia fatta di uomini e donne in carne e ossa che decidono di partecipare e che si assumono rischi e responsabilità. Dunque sono convinto che la Rete può aiutare questa crescita democratica, ma non può esaurirla del tutto". (Massimo D'Alema - Controcorrente - Intervista sulla sinistra al tempo dell'antipolitica - Editori Laterza )

martedì 27 agosto 2013

Un po' di storia dei giorni nostri



Per comprendere bene la campagna comunicativa del Partito Democratico, sia in occasione delle primarie 2012 che per le politiche 2013, bisogna fare un passo indietro e ripercorrere la storia del partito stesso. La struttura del PD, originariamente, è stata ideata da Romano Prodi, ex Dc, all'atto della formazione del nuovo soggetto politico, appena 6 anni fa. L'idea era quella di portare avanti l'esperienza del centrosinistra (fine 1960 a tutto il decennio '70) quando si tentò di giungere ad una intesa parlamentare tra Aldo Moro ed Enrico Berlinguer, (allora leaders di spicco rispettivamente della Democrazia Cristiana e dei Comunisti), per facilitare l'unità del paese e lo sviluppo di tutte le componenti sociali. Quella stagione finì in un bagno di sangue e vide poi il lento declino di tutti i partiti tradizionali e il sorgere dell'astro di Berlusconi e di Forza Italia. Ma quella esperienza non era mai stata considerata superata da molti autorevoli esponenti del mondo culturale e politico, sia di centro che di sinistra. Anzi si riteneva dovesse essere ripresa e continuata per arginare la deriva mercantilistica , populista e qualunquista innescata dalle nuove figure politiche emergenti messe in campo proprio da Forza Italia. Fu così che si pensò ad un partito agile, snello, nuovo nei contenuti e nella forma, il PD, verso cui conversero molti esponenti politici convinti che le "vecchie" ideologie non fossero più rispondenti alle necessità di un paese alle soglie del terzo millennio ed ormai autorevole in Europa e che doveva fronteggiare le nuove, pericolose frontiere finanziarie mondiali e l'acuirsi del laissez faire. Lo Statuto del Pd, tra le altre cose, poiché per la "gente" e vicino ad essa, predisponeva l'istituzione di primarie da svolgersi prima nei circoli locali e poi a livello nazionale, per la scelta del Segretario del partito. "Dall'alto verso la base", la formula è risultata maggiormente vincente rispetto all'inverso! Così furono eletti Prodi (Presidente), Veltroni, Franceschini ... alternando alla Segreteria i leaders componenti ora le forze degli ex Ds (Pci), ora quelle degli ex Dc (Democrazia cristiana - Margherita). Ma la Segreteria del Partito Democratico era, ed è tutt'ora, una poltrona scomoda, aperta comunque ai venti della ancora viva contrapposizione tra democratici cristiani e comunisti, al cui centro, nel 1978, ricordiamolo, si consumò il giallo dell'assassinio di Aldo Moro, non ancora chiarito del tutto. Su quella poltrona di Segreteria nessuno ha mai resistito per tutto il mandato pieno, date anche le difficoltà delle relazioni con i partiti alleati: radicali e sinistra radicale. Fino all'avvento della Segreteria Bersani.
Con la Segreteria Bersani le iscrizioni al partito subirono una flessione, a causa del congiunturale, momentaneo, allontanamento dei leaders precedenti, ma la Segreteria resse meglio di altre ed alla fine avrebbe anche potuto riuscire nell'intento dell'amalgama dei due popoli di centro e sinistra, il cuore del PD. Ma forte è stata l'influenza del nodo napoletano sulla dirigenza nazionale, verificatasi anche grazie all'elezione a Presidente della Repubblica di Giorgio Napolitano, napoletano di nascita oltre che di nome. C'è da dire che la Campania, solitamente e tendenzialmente si orientata, nel voto, alla scelta di leaders non popolari da ma di grossa immagine personale, capaci di agglomerare le masse critiche. La qual cosa fà sì che in Campania una vera politica di governo non ci sia e si manifesti piuttosto una forma referenziale di politica di immagine che abbia forti agganci a livello nazionale, e ciò non sarebbe neanche sbagliato se producesse i frutti sperati (ma non è così purtroppo). In Campania, infatti, Berlusconi ha un grosso seguito proprio tra le classi più popolari. Ed è anche per questo che in Campania il Pd ha avuto ed ha grossi problemi a radicarsi, oltre alla atavica caratteristica, propria della regione, di un perdurare ideologico degli "zoccoli duri" un po' di tutti i partiti: dalla Dc, ai Comunisti, all'estrema destra, fino a Forza Italia - vero e proprio partito d'affezione.
E proprio dalla Campania, per inciso, sembra partita, negli ultimissimi tempi, la campagna di smobilitazione del Pd che si concretizza nel governo delle "larghe intese ". Diciamo che sommariamente, come quello scritto fin qui, tutto ha preso l'avvio da un invito a comparire che ricevette Berlusconi nel 1994, recapitatogli da Antonio Di Pietro, proprio durante un comizio a Napoli. "La storia è quella di un invito a comparire – spesso erroneamente scambiato per un avviso di garanzia – recapitato a Silvio Berlusconi il 22 novembre 1994 e annunciato il giorno prima dal Corriere della Sera con un vero e proprio scoop, proprio nei giorni in cui l'allora presidente del consiglio presiedeva una conferenza internazionale sulla criminalità organizzata a Napoli – spesso erroneamente scambiata per il G7 di Napoli, che si tenne qualche mese prima.
Sono le settimane della cosiddetta “inchiesta Telepiù”, condotta dalla procura di Milano e avente come oggetto la proprietà della pay tv e la compatibilità del ruolo di Fininvest con quanto stabilito dalla legge Mammì. Il 5 ottobre 1994 il magistrato Francesco Saverio Borrelli, allora capo della procura di Milano, dichiarò in un’intervista al Corriere della Sera – condotta da Goffredo Buccini, – che l’inchiesta, che aveva già coinvolto Paolo Berlusconi, era arrivata a “livelli altissimi”. E quindi i giornalisti si aspettavano da un momento all’altro una notizia bomba, e i “livelli altissimi” alludevano evidentemente a un possibile coinvolgimento del fratello di Paolo Berlusconi, nonché primo ministro: Silvio Berlusconi".
Quella inchiesta ora è approdata alla condanna definitiva di Berlusconi & co. ed il relativo decadimento dell'interessato dalla carica di parlamentare che deve, così sembra, essere necessariamente votata in Parlamento. L'attuale Parlamento è quello delle "larghe intese", dicevamo, voluto proprio da Giorgio Napolitano, nel frattempo rieletto Presidente della Repubblica,: si tratta di un accordo di programma tra Pd e Pdl causato dal non raggiungimento della maggioranza necessaria ad un governo autorevole (quello del cambiamento di Bersani, bocciato dal M5s, con cui è stato impossibile trovare un accordo) a seguito dell'esito del voto alle ultime politiche 2013, insufficiente per tutti i partiti che ora siedono in Parlamento. Questo accordo rischia di spaccare il Pd, i suoi intenti e le sue idee ispiratrici. Da ciò si evince quale criticità stiamo vivendo politicamente, aggiungendo tra l'altro che allo stato attuale Antonio Di Pietro non è più parlamentare. Il partito che fa capo a lui (Italia dei valori) è stato modificato, come tutti del resto, e l'attuale Sindaco di Napoli, eletto come componente del partito di Antonio Di Pietro, ex alleato Pd, è in grossissime difficoltà, inquisito anch'egli, con la sua Giunta, per fatti gravi di cattiva amministrazione. Per cui se da un lato Berlusconi sembra politicamente "abbattuto" dalla sentenza passata in giudicato, dall'altro lato è avvertibile dalla popolazione più vivo e vitale che mai. "Avvertibile", ecco il punto su cui ha sempre giocato Silvio Berlusconi: un gioco di immagini e specchi, quasi mai rispondente al dato reale. La sua stessa dichiarazione, rilasciata alla stampa proprio nelle ultime ore, lascia intendere il suo tentativo di mantenere alta la confusione: "Io resisto", come se si trattasse di dover resistere ad una battaglia, piuttosto che adeguarsi ad una sentenza. L'obiettivo politico di Berlusconi, dichiarato, è sempre stato la formazione di un partito unico in parlamento e con un premier forte, ossia sganciato dalla fiducia parlamentare, (obiettivo assolutamente opposto a quello prefisso all'atto della creazione del PD). Fin'ora ogni passo compiuto dalla politica sembra orientarsi in tale direzione, comprese alcune "mosse" del Pd, come l'affossamento sia del governo Prodi prima, sia della sua candidatura a Presidente della Repubblica, poi, proprio dopo le politiche di quest'anno. Il clima come si vede non è dei più rosei, le tensioni sono molte e durano da decenni. Certo la demonizzazione dell'avversario politico non produce i frutti sperati ma neanche il favorirlo pedissequamente.
In questo clima, che ha radici antiche, la Segreteria Bersani partì per la campagna per le primarie nel 2012. Forse bisognava aspettarselo un risultato deludente. C'è ancora da aggiungere che il paese non è che non è a conoscenza di questi nodi politici critici che si trascinano ormai da anni, ma non ne tiene conto all'atto del voto. Al momento del voto, e solo in quel frangente, tra i cittadini e tra i politici, c'è un gran fiorire di buonismo e buoni propositi, però puntualmente e sistematicamente disattesi, questa è una caratteristica molto singolare dell'Italia e comune solo a questo paese.

mercoledì 3 luglio 2013

Partito Democrazia Diretta

Partito Democrazia Diretta

Per una partecipazione diretta e veramente condivisa.
Non parteggio per l'abolizione totale del finanziamento pubblico ai partiti perché sono per una forte limitazione del finanziamento dei privati ai partiti. Bianca Clemente

domenica 30 giugno 2013

Fortunatamete Renzi non è Renzo

Io non vorrei che il proficuo dibattito innescato all'interno del Pd, dopo la forzata rinuncia di Pier Luigi Bersani, non si traduca in sterile conta. La pratica malsana ma sempre in voga del "mors tua vita mea" spinge molti ad attaccare un ipotetico avversario solo per mettersi in mostra e guadagnare terreno. Stancante e noioso. E' pur vero che simile pratica tiene vivo il fuoco sacro dell'appassionata discussione ma è anche vero che alla lunga sterilizza la ferita che spinge ad agire, che spinge a ricordare, che sollecita i buoni propositi. Ci si fa il callo e non va bene. Vorrei si parlasse di più programmi di governi futuri o anche presenti. Comunque credo che ormai tornare indietro dalla "separazione delle carriere" tra segretario e candidato alla premiership non sia tanto possibile e grazie allo stesso Renzi - fregato dal suo stesso ingegno - ansia di carrierismo non paga. Ma il carrierismo è nella natura umana, mentre la natura del Pd è già stata snaturata.... e naturalmente. Sembrava una cosa temporanea e invece la posizione di Letta ha ribadito. Ora tocca capire che stiamo (mi ci metto in mezzo) facendo. "L'è tutto da rifare" direbbe Pieraccioni. C'è sempre qualcuno che crede di essere stato creatore del Pd, e di avere la parola opportuna, ovunque mi giro e rigiro, registro questo dato. Questo certo è un dato positivo, vuol dire che il Pd è di tutti ! Bene. ... ma proprio di tutti tutti? pure di quelli che non sono del Pd? E anche questo potrebbe andar bene però a questo punto ci vuole una Costituzione del Pd, altro che Statuto.
Resta da sottolineare, così un po' per scherzo, che Renzi non è Renzo e che l'Innominato ha già convocato un altro sposo. La guerra è sempre aperta ma il paese vuole guerra di fatti e cambiamenti. I cambiamenti che vuole il Padre Cristoforo quando pensa agli umili ed alla provvidenza.

lunedì 27 maggio 2013

UNA RIFLESSIONE


Il fatto è che il Movimento 5 stelle è riuscito ad intercettare solo la rabbia dei cittadini ma non il loro bisogno di effettiva politica e di arte della mediazione in tempi così pieni di relativismo e incertezze, con nuove istanze che bussano alla porta e nuovi diritti che chiedono di essere riconosciuti e disegnati. La soglia del terzo millennio si apre con la necessità storica di risposte vere e concrete e di arte della mediazione, ora più che mai, in tempi al crocevia dei rivolgimenti ideologici. Soprattutto il M5s non è stato in grado di interpretare la vera domanda di cambiamento che viene dalla società. Un cambiamento che non è avvertito come una semplice operazione di epurazione anagrafica della classe politica ma come una assunzione di responsabilità per la soluzione dei problemi economici e sociali che si fanno ogni giorno più pressanti. La rigidità delle risposte ed i vuoto programmatico del M5S hanno mostrato il fianco, alimentando ulteriormente le incertezze che possono, inevitabilmente, venire da una generazione di nuovi politici senza effettivo e concreto retaggio storico, solidità di idee, certezza di azioni sociali. Del resto non ci si poteva aspettare di più da quello che si presenta, per l'appunto, come un semplice Movimento, non certo un partito politico a tutti gli effetti. Un Movimento, e per giunta con un padrone, o più padroni. Un Movimento ossessionato da alcuni dettati populistici di natura economica (anche interni al movimento stesso) di cui se ne fa bandiera ma di cui non riesce a scioglierne i nodi essenziali, eccessivamente preso dalla consultazione continua e pedissequa, dal dialogo che appare tale ma è unidirezionale a tutti gli effetti, scevro da ogni interesse alla libera iniziativa, nonché creatività, perché, per sua natura mancante di collante e fiducia tra i propri stessi eletti. Non basta gridare nelle piazze per convincere della bontà delle proprie idee. Non bastano le operazioni di facciata per conquistare credibilità ed affidabilità.
Non bastano vuote parole, per giunta volgari, per spingere le persone a votare. Il solo obiettivo della distruzione del PD non è il sentire comune. Non è quello che chiedono i cittadini alla politica. Il M5s è solo un tentativo maldestro di estirparci quel po’ di rabbia che ci è rimasta ancora in corpo. Gli elettori lo hanno capito e lo hanno anche dimostrato. (b.c.)

domenica 12 maggio 2013

Mamma Marketing in aiuto sempre



..... E all'improvviso scopri che il web è diventato solo un vettore di ipocrisia social! Per esempio il lancio di migliaia di "Auguri Mamma" sui siti internet. Io gli auguri alla mia glieli faccio da vicino, le faccio un regalo, le mostro la mia riconoscenza e affetto. E' uno di quei casi dove veramente non c'è marketing d'immagine o pubblicitario che tenga. Posso anche decidere di non farle il regalo, so che lei sarà felice di vedermi, di sentire la mia voce, se le porto una poesia scritta da me o le offro un bicchiere d'acqua. Va tutto bene, rientra tra le relazioni affettive "non negoziabili". Non devo farlo sapere a nessuno, non c'è altra comunicazione che quella tra due cuori che si amano e che dipendono l'uno dall'altro. Non è vendibile, non è spendibile. Come l'amore per i figli, così l'amore per i genitori. Non c'è Berlusconi che giuri sulla testa dei propri figli a cambiare un sentimento, vero, intimo, partecipato o meno. Sì, anche "o meno". Perchè se il rapporto d'affetto è deteriorato, c'è il silenzio dei due cuori, resta una sofferenza taciuta, sempre intima e dolorosa. E se la mamma non c'è più. E' in cielo, la si va a trovare dove c'è il corpo che ci ricorda di lei, dei momenti vissuti assieme per ricercarne ancora una vicinanza, anche questa molto dolorosa e sofferta. Insomma tutte quelle immagini di Auguri Mamma - che non c'entrano niente con le immagini di amore tra amanti, con il desiderio di conoscere e farsi conoscere, con la voglia di comunicare, con la solitudine o con la necessità d'informare e di formare - le trovo veramente fuori luogo. La mamma non c'è tra i bit di un pc, è una informazione dentro di noi e non arriverà al cielo. Come non arriveranno al cielo le centinaia di preghiere che ogni tanto circolano con le immagini di Gesù o della Madonna. Posso voler festeggiare un Santo, una festa santificata, ma le preghiere sono un fatto intimo, dell'anima non arriveranno come informazione a Dio tra le righe degli scritti telematici. Insomma bisognerebbe distinguere tra la comunicazione web e la comunicazione intima dei sentimenti. Questa è la distinzione tra vita reale e vita telematica. Questa è la distinzione tra la realtà e l'immaginario. Questa è la distinzione tra augurare "Buon Capodanno a tutti" fino a "Tanti Auguri zia Silvia" e mandare gli "Auguri alla Mamma". Posso scrivere una bella poesia dedicata alla mamma e farla conoscere che potrà essere usata da chi non arriva ad avere tanta sensibilità, ma quando scrivo Aguri Mamma, perchè non alzo il telefono e glielo dico a voce? perchè non vado al cimitero e le porto un fiore per dirle quanto mi manca? Perchè uso la mamma per farmi pubblicità? Lo vogliamo chiedere a Berlusconi ?

domenica 3 febbraio 2013

Lo Stato dell'Arte





Si dice ormai sempre più spesso che la politica non assolve al suo ruolo, non è cosciente dei propri compiti e non vuole realmente risolvere i problemi. Il prossimo Parlamento avrà problemi seri da risolvere e se la volontà mancherà per “questioni politiche” il nostro pese correrà pericoli di arretramento reali e gravi. Gravi soprattutto dal lato delle responsabilità. Questa campagna elettorale avvelenata e assai volgare, non è altro che i prodromi di quello che potrebbe essere il cursus del prossimo parlamento. E’ chiaro che ci auguriamo ciò non avvenga, sarà bello esser contraddetti in questo caso. Prendiamo ad esempio l'Agenda digitale. Un caso singolo per capire a che punto sono i lavori di modernizzazione e sviluppo nel nostro paese. Non sembrano su un buon piano. In un suo articolo Giuseppe Iacono scrive che Kroes afferma : “da qui al 2015 rischiano di rimanere vacanti fino a un milione di posti di lavoro in ambito digitale mentre, attraverso la costruzione di infrastrutture, potrebbero essere creati 1,2 milioni di posti di lavoro. A lungo termine ciò porterebbe alla creazione di 3,8 milioni di nuovi posti di lavoro in tutti i settori dell'economia.” Ma il problema principale appare piuttosto un’interpretazione di ciò che può essere lo Sviluppo Digitale nel nostro paese. Nel programma per Agenda Digitale, della coalizione di centro sinistra, ad esempio, pur validissimo e tecnicamente puntuale, non si citano mai termini come "internet", "rete", "banda larga", "telelavoro". L'agenda digitale è citata soltanto in un elenco di aree di investimento. La rete non entra in gioco neanche nel capitolo "democrazia". E non va molto meglio considerando i siti dei partiti maggiori della coalizione. Ma i documenti programmatici attualmente segnalati dal PD mostrano la “visione” di un'Agenda Digitale inquadrata sostanzialmente come capitolo infrastrutturale, mentre il programma di SEL, che sembra più aperto ai temi della rete e del digitale, li tratta in profondità soltanto nel capitolo “Culture” (dedicato in gran parte al settore dell'audiovisivo e dell'industria cinematografica. E' qui che troviamo, finalmente, modalità innovative come il coworking). In questi giorni il PD, nella figura del responsabile "innovazioni" Marco Meloni, ha avviato una consultazione on line *su un nuovo documento di posizionamento e proposte sul digitale. Un'iniziativa meritoria in quanto aperta al pubblico. In questo documento (Italia Giusta digitale) *si riprendono diverse delle misure contenute nella proposta di legge Gentiloni, e si trattano in profondità i temi della diffusione della banda larga, della connessione delle scuole, dell'open government, dello sviluppo digitale delle imprese e la correlazione con università e ricerca. tuttavia mancano ancora dei punti significativi: un approccio organico e ampio all'alfabetizzazione digitale, alla cultura digitale e a nuovi modelli di lavoro, i diritti civili digitali, la neutralità della rete, il ruolo del software libero, mentre il tema delle smart city è inserito, in modo riduttivo, all'interno della sezione “infrastrutture”. Ma è l'inizio, forse, di un cambio di approccio. (cit. Iacono). Infatti è in programma per il prossimo 12 febbraio una conferenza stampa di presentazione delle proposte Pd per la Pubblica Amministrazione digitale *. In campo politico comunque, quelle del centro sinistra risultano essere le proproste migliori. Già sappiamo da noi, che nell’Agenda Monti, non è assolutamente prevista l’Alfabetizzazione Digitale. Il M5s ne tace completamente. Del resto abbiamo visto in che considerazione il leader del movimento (Grillo) tiene il rapporto con i media mentre con quale abuso ed uso se ne rapporta nei riguardi dei social network. Insomma. Veramente si spera che questo paese alle soglie del terzo millennio potrà essere in grado di ingranare la marcia e partire (anche se a velocità moderata) verso il futuro. In quali mani siamo lo sapremo. Ci auguriamo che il guidatore sia quello giusto! ed in grado di dare il meglio di sé.

* nota: passare il cursore su parole in evidenza, si aprirà il link

lunedì 28 gennaio 2013

L'Eco di Francia intervista Pier Luigi Bersani - traduzione

La Germania deve riconoscere che ha preso un enorme vantaggio dall'euro "
Pierre de Gasquet


Elezioni, crisi, Europa, "deriva morale", scandalo della banca Monte dei Paschi di Siena ... il leader del Partito Democratico (PD), che guida la coalizione di centrosinistra alle elezioni parlamentari del febbraio prossimo, risponde alle domande di Echos.


- D. Questa corsa elettorale con tre candidati principali si tratta di una novità nella politica italiana? Vedete il rischio di un ritorno al bipolarismo imperfetto?

Non credo che possiamo dire che sia davvero una novità. Certo, oggi, la proposta centrista potrebbe essere più significativa rispetto al passato. Ma nel profondo del paese, c'è un'esigenza di bipolarismo. Sono forze che aspirano ad essere un punto centrale di equilibrio, ma nella attuale situazione italiana, non credo avranno un ruolo chiave

- D. Patronati e sindacati chiedono oggi riforme più incisive per l'economia italiana, la cura di Mario Monti ha funzionato fino ad ora ai vostri occhi?


La cura Monti ha funzionato su due aspetti: evitare il precipizio e dare al paese un elemento di credibilità sui mercati internazionali. Mi piace anche ricordare che Mario Monti non ha fatto tutto da solo, ma con il supporto del nostro partito fedele che ha rinunciato ad andare alle elezioni in nome dell'interesse nazionale. Tuttavia, anche riconoscendo il valore di questa esperienza, dobbiamo ancora affrontare scelte critiche per l'economia reale, l'occupazione, le riforme civili e politiche


- D. Siete d'accordo con il "Financial Times" che ha detto che Mario Monti non merita un secondo mandato per l'impatto negativo della sua austerità?


Mi sembra una sentenza ingiusta in parte. Sarei più equilibrato. Certo, dobbiamo andare oltre l'esperienza della transizione. Come in tutte le democrazie, alla fine, abbiamo bisogno delle forze politiche che governano, di contare su un ampio consenso popolare. In caso contrario, le riforme non si possono fare. La soluzione tecnica ha le sue virtù e le sue limitazioni. Tutti si sono resi conto che riforma delle istituzioni, lotta contro la corruzione o conflitti di interesse non possono essere eseguite da un governo tecnico. Inoltre, parallelamente alla politica di austerità bisogna attuare misure di stimolo all'economia che sono fuori della portata di un governo di transizione. Oggi, sono i cittadini a dover dire che quali politiche si devono attuare.


- D. Pensa, come alcuni economisti fanno, che il governo Monti avrebbe dovuto consentire di ridurre la spesa pubblica, invece di aumentare le tasse?


E 'meno facile di quanto si pensi. Oltre all'aumento del debito e della spesa pensionistica negli ultimi decenni, l'Italia ha una spesa pubblica inferiore alla media europea. Non c'è dubbio che dobbiamo ridistribuire la spesa pubblica, che in alcuni casi è mal distribuita. Ma il nostro problema è quello di riavviare il PIL, è una priorità , per ripristinare più dinamica dei consumi e degli investimenti. Non si può credere nell'illusione che unicamente i tagli alla spesa pubblica siano in grado di generare la crescita: non credo che sia questa la ricetta.

- D. Cosa ne pensa del recente "mea culpa" del FMI sul costo reale dell'austerità?


Alla buon ora! E tempo che il FMI lo riconosca: il nostro partito lo va dicendo da due o tre anni, in Italia ad ogni punto di riduzione del PIL corrisponde un punto di recessione . E' un fatto. Questo ci deve portare ad una riflessione a livello europeo: la “mia”Italia è pronta ad accettare che ci sia un esame preventivo dei bilanci pubblici. Non da un burocrate o da un commissario, si deve trovare un altro meccanismo (attraverso il Parlamento, la Commissione o il Consiglio). A condizione che ci sono alcune misure che garantiscono gli investimenti e l'occupazione. Non c'è dubbio che si debba ridurre il debito e tenere il deficit sotto controllo, ma sono misure a medio termine. Le misure più urgenti sono quelle volte a promuovere l'occupazione. In caso contrario, ci sarà una spirale tra austerità e recessione che ci sfuggirà completamente.


- D. Questo significa che l'obiettivo di saldo strutturale nel 2013 non è un requisito assoluto per l'Italia?

No. Io rispetto questo obiettivo, ma voglio che sia preso in considerazione l'impatto del ciclo. Non possiamo incoraggiare la recessione con la crisi. Altrimenti la crescita si deteriora ulteriormente, chiederò all'Unione europea di garantire che ciò non comporti meccanicamente da nuovi tagli. A questa condizione confermo il Patto fiscale e gli impegni. Ma mi piacerebbe avviare un dibattito a livello europeo a favore della crescita. Per me non è vero che c'è un destino diverso per la Germania e la Grecia. Noi tutti siamo in viaggio sullo stesso treno che rallenta, anche se alcune sono più comodi di altri.


- D. Come pensate di bilanciare il dogma del rigore imposto dalla Germania?


Dico alla Germania: è vero che alcuni paesi non hanno approfittato dell'euro per fare i "compiti a casa": per noi questo fatto si chiama Berlusconi. Ed è vero che la Germania è uno studente bravo. Ma dobbiamo anche riconoscere che la Germania ha avuto un'enorme vantaggio dell'euro, in termini di bilancia commerciale e di economia reale. Nessun spirito di contesa, chiedo che si apra una discussione. Sono pronto a dire che l'Italia è a disposizione per rafforzare ulteriormente il controllo reciproco della finanza pubblica.
Ma in cambio, la Germania deve riconoscere che dobbiamo trovare il modo per aumentare gli investimenti e l'occupazione nell'area dell'euro. Dobbiamo riconoscere che non siamo stati all'altezza della nostra moneta e degli squilibri che si creano. Abbiamo bisogno di trovare strumenti nazionali o europei di coordinamento per creare posti di lavoro. Poiché il rigore è una condizione necessaria, ma non è un obiettivo. Tra le soluzioni che vorrei suggerire: emettere euro-obbligazioni per investimenti selettivi decisi a livello europeo, il progetto eurobond ... con questi saremo in grado di gestire una parte del debito attraverso un "fondo di redenzione". E 'essenziale che i cittadini europei vogliano che l'Europa si occupi di lavoro, se il sogno europeo crollerà necessariamente.


- D. Sei d'accordo con Matteo Renzi sul fatto che non dobbiamo sottovalutare l'impatto di Silvio Berlusconi?

Completamente d'accordo. Ma questa volta, il nostro obiettivo è quello di presentare un'alternativa credibile alle favole. Io dico agli italiani: non cerco di piacervi, voglio essere creduto perchè racconto la verità. E ' su questo linguaggio di verità che ho basato la mia campagna elettorale.


- D. Lei ha detto che l'Italia deve lasciare alle spalle venti anni di "deriva morale". Che cosa vuol dire?


La deriva morale io la identifico con Berlusconi. Per vent'anni, la personalizzazione del sistema Berlusconi, basato sul consenso al premier e non sulle regole, ha permesso di diffondere l'idea che non c'è bisogno di pagare le tasse, che lo Stato è un nemico, che gli immigrati sono indesiderabili, per non parlare della deriva culturale. E 'assolutamente necessario correggere questa situazione, perché non riflette la realtà italiana. Berlusconi non ce la farà questa volta, farà i conti con quello che ha seminato. Si scioglierà come neve al sole. Ecco perché la nostra prima riforma sarà una legge contro la corruzione, oltre a un testo sui partiti politici e la riforma della legge elettorale. Il punto di partenza sarà il ritorno alla moralità e alla cittadinanza.


- D. Un accordo di governo con Mario Monti sarà la soluzione naturale se il centro-sinistra non avrà la maggioranza al Senato?


Sono fiducioso che chi raccoglierà la maggior parte del voto popolare sarà in grado di governare sia alla Camera e al Senato. Ma anche se abbiamo la maggioranza, vista la situazione del paese, il centro-sinistra non sarà settario, discuteremo con le forze europeiste, non populiste, e costituzionaliste. Il nostro avversario è Berlusconi, la Lega Nord, Beppe Grillo, e tutte le forme di populismo anti-europeo. Al governo, siamo pronti a discutere con Mario Monti. Spetterà a lui decidere. Non voglio che il centro-sinistra appaia come settario.


- D. Lo scandalo Montepaschi Siena sarà una minaccia per la tenuta del settore bancario italiano?

No. Si tratta di un caso assolutamente isolato, anche altre banche hanno utilizzato i derivati. Dirò di più: il sistema bancario italiano delle fondazioni assicura la stabilità, ma vi è il rovescio della medaglia delle interferenze con le comunità locali. Per quanto riguarda l'uso della finanza creativa, siamo molto al di sotto di tutte le altre esperienze straniere. Certo, abbiamo criticato il governo precedente e Giulio Tremonti (ex-minitre Finanza Silvio Berlusconi) che hanno incoraggiato le comunità locali ad utilizzare questi strumenti derivati. Ma il nostro sistema bancario è meno esposto di altri a rischi sistemici. Il nostro problema è piuttosto che, a differenza del resto d'Europa, abbiamo un sistema bancario che trova la sua forza nei suoi rapporti con le PMI. Il cordone ombelicale tra l'economia reale e il sistema bancario è molto forte. Il rischio reale è che alle banche siano tagliate le valvole per l'economia reale per dar loro più forza.


- D. Cosa ne pensi della decisione di François Hollande di introdurre il livello del 75% per i redditi oltre un milione di euro?


La differenza è che Hollande sa chi sono i più ricchi di Francia. Noi in Italia non lo sappiamo ancora. Il mio problema non è quello di aumentare le tasse, ma a tassare quelli che non pagano. L'Italia deve raggiungere la media europea dell'equità fiscale. In Italia, dobbiamo capire dove sono i ricchi. Perché abbiamo pochissimi contribuenti che denunciano di guadagnare più di 100.000 euro e noi sappiamo che questa non è la realtà. La Banca d'Italia stima l'evasione fiscale a 100 miliardi di euro all'anno. Se riesco a recuperare anche solo il 7% e l'8% per anno si potrebbero ridurre le tasse. Per quanto riguarda il patrimonio immobiliare, mi auguro che il nostro sistema sia più progressivo, la nostra strategia è quella di far emergere le attività finanziarie. Non aumentare le tasse, ma creare tracciabilità. Ciò che noi chiamiamo troppo facilmente “elusione” in realtà è frode. In Italia, dobbiamo capire chi è ricco, solo in questo caso il sistema può essere corretto ma sono sicuro che non avremo bisogno di arrivare al 75%. Una cosa voglio affermare con forza : non ci sarà mai un condono fiscale in Italia.

27 gennaio 2013

domenica 27 gennaio 2013

IL PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI CHE VOLLE FORTEMENTE L’ISTITUZIONE DEL “GIORNO DELLA MEMORIA”

Donne, Shoa, unità del paese, scuola e lavoro, riforma dello Stato, Parlamento più snello, legalità e solidarietà, questi i temi principali al centro del discorso d’insediamento in qualità di Presidente della Camera dei Deputati, del magistrato Luciano Violante. Volle, fortissimamente volle l’istituzione del “giorno della memoria”, il Parlamento non seppe, non volle, dirgli di no, Lega compresa, in quegli anni agguerritissima sulla secessione da ottenere ad ogni costo. Uno “spauracchio” bossiano per tenere sotto scacco il paese. Ci volle tutta la forza di volontà di Luciano Violante per regolare quell’assemblea….


XIII Legislatura della Repubblica italiana
Seduta del 9 maggio 1996, continuata nella giornata del 10 maggio. Discorso d’insediamento del Presidente Luciano Violante.
Presidente. (Pronunzia, stando in piedi, il seguente discorso). Onorevoli colleghi! Accolgo con comprensibile emozione il risultato del voto. Ringrazio i deputati che hanno ritenuto di dare il proprio consenso e ringrazio coloro che, per legittime ragioni politiche, hanno ritenuto di negarlo.
Assolverò a questo mandato nel pieno ed intransigente rispetto della Costituzione e del regolamento, confidando nella collaborazione di tutti.
Sarò il Presidente di tutta la Camera, della maggioranza e dell'opposizione.
Rispetterò i diritti dei gruppi parlamentari e quelli dei singoli deputati, ma se in qualche caso i due diritti fossero in conflitto non esiterei, se il regolamento lo consente, a far prevalere, secondo i princìpi del sistema maggioritario, i diritti del singolo parlamentare rispetto a quelli del gruppo.
Nel lavoro quotidiano mi sforzerò di garantire tanto il diritto-dovere di governare, quanto quello di opporsi. La mia non breve vita parlamentare mi ha insegnato che fare politica significa prima di ogni altra cosa sforzarsi di capire le ragioni degli altri.
In questo momento il pensiero va al popolo italiano, che ha dato a noi la sua fiducia e nei confronti del quale abbiamo alti doveri e gravi responsabilità.
Va agli uomini e alle donne uccisi dal terrorismo e dalla mafia, caduti per la nostra libertà e per i nostri diritti (Vivi, generali applausi). Va al Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scàlfaro, arbitro imparziale (Applausi - Commenti), garante degli equilibri costituzionali, che nei momenti più difficili ha costituito per tutto il paese un orientamento fermo e sereno.
Va al Pontefice (Vivi, generali applausi), guida spirituale per la grande maggioranza degli italiani, che ieri ha rivolto una sua riflessione proprio al Parlamento ed ai nuovi eletti. Va al Presidente del Senato (Applausi) eletto ieri, nella consapevolezza che sarà possibile con l'altro ramo del Parlamento una collaborazione intensa e proficua. Va agli insegnanti (Vivi, generali applausi), che nelle scuole italiane, dalle elementari all'università, in condizioni precarie, con retribuzioni non adeguate, spesso trascurati e misconosciuti, adempiono con sacrificio e competenza alla fondamentale funzione della trasmissione del sapere, della formazione delle coscienze civili.
Va alle ragazze ed ai ragazzi che in quelle scuole studiano e costruiscono il loro ed il nostro futuro (Vivi, generali applausi).
Ma il futuro sarà davvero migliore solo se investiremo di più e meglio nella scuola, se considereremo la formazione come un dovere dello Stato nei confronti dei cittadini e come la condizione indispensabile per lo sviluppo del paese. Alcuni fondamentali problemi, dal lavoro alla competizione internazionale, possono essere affrontati positivamente solo se la formazione delle giovani generazioni costituirà una delle nostre principali preoccupazioni.
La mia gratitudine di deputato va, infine, a chi mi ha immediatamente preceduto in questa responsabilità: a Nilde Iotti (Vivi applausi), severa ed impareggiabile conduttrice dei nostri lavori; a Giorgio Napolitano (Vivi applausi), alla cui efficienza ed al cui equilibrio dobbiamo una legislatura particolarmente densa di risultati; ad Irene Pivetti (Vivi applausi), giovane e determinato Presidente, che ho avuto l'occasione di salutare nel corso della seduta di ieri.
Siamo una Repubblica parlamentare ed il Parlamento costituisce il cuore del sistema politico. Tuttavia sentiamo l'urgenza di riformare le nostre regole fondamentali, le nostre procedure, il modo stesso di intendere la vita ed il funzionamento dell'Assemblea. Ogni ora del nostro lavoro, colleghi, rappresenta per la collettività un costo economico rilevante. Abbiamo chiesto agli italiani molti sacrifici; perderemmo la legittimazione a guidarne la vita politica se non riuscissimo ad utilizzare al meglio le nostre risorse, le nostre intelligenze, il nostro tempo. Certo: il Parlamento non è solo il luogo della decisione, è anche il luogo del confronto delle idee, della formazione dei convincimenti. Ma c'è il rischio che il problema delle decisioni sia completamente trascurato, che il dibattito diventi fine a se stesso, che gli interessi degli italiani, le aspettative, la speranza e la fiducia che essi hanno riposto in noi non abbiano soluzioni efficaci.
Insieme troveremo il giusto equilibrio tra confronto delle idee e decisione politica, nella consapevolezza che un Parlamento che non riuscisse a decidere segnerebbe la propria sconfitta e quella della democrazia.
L'integrazione europea, obiettivo ineludibile per qualsiasi moderno paese di questo continente, richiede ai Parlamenti capacità di analisi e rapidità di decisione.
Sono incandescenti molti problemi: la questione settentrionale, la questione meridionale, il ruolo dei comuni, gli oneri fiscali, la carenza dei servizi pubblici ed il sistema giudiziario. Problemi apparentemente diversi, ma che si riconducono tutti ad una questione di fondo: lo Stato, purtroppo, salve rare eccezioni, non funziona in modo adeguato, non dà servizi, non è amico, non aiuta a vivere, ma rende anzi la vita quotidiana più difficile e più faticosa. Le 150 mila leggi sono diventate un onere insopportabile per i cittadini, per le imprese, per la stessa pubblica amministrazione, tutti schiacciati da valanghe di regole, disposizioni, indirizzi confusi e contraddittori.
C'è un'inflazione legislativa alla quale corrisponde, per ragioni assolutamente oggettive, un'inflazione giudiziaria. L'una e l'altra possono provocare gravi distorsioni nella vita democratica. Le società moderne sono ipergiuridicizzate e la democrazia parlamentare rischia di perdere una parte della sua tradizionale forza di orientamento. È inutile gridare allo scandalo.
La politica non deve gridare; la politica deve risolvere.
Il numero delle leggi va drasticamente ridotto; la loro chiarezza va perseguita come obiettivo primario di un moderno Parlamento. La legge non chiara è il presupposto di arbitrii, lascia il cittadino solo davanti alla pubblica amministrazione o davanti al suo contraddittore più forte o più furbo.
La confusione delle leggi è uno dei presupposti della corruzione.
Il Parlamento deve legiferare meno e meglio e dare più spazio invece alle azioni di controllo e di indirizzo.
Insieme, avvalendoci anche della straordinaria competenza professionale dei nostri uffici, avvieremo un itinerario che possa condurci ad un controllo più efficace e ad una legislazione più semplice e più chiara, che non sia solo il punto di mediazione tra le diverse parti politiche, ma che esprima regole razionali, utili e comprensibili.
La grande maggioranza delle donne e degli uomini che lavorano negli apparati pubblici svolgono le loro funzioni con sacrificio e serietà. Tuttavia non possiamo negare che esiste nel nostro paese, come accennavo poc'anzi, il problema dello Stato, della sua forma, della sua organizzazione, del modo in cui il potere pubblico si rapporta al cittadino.
Alcuni, che si considerano legittimamente rappresentanti della parte economicamente più forte del paese, parlano di secessione. Invito a non considerare questi richiami come forme di folklore politico. C'è un malessere vero nel nord, determinato dalla differenza tra prelievo fiscale e qualità dei servizi, ma c'è un malessere vero anche nel sud, dove, per la prima volta dopo molti decenni, è ricominciato ad apparire lo spettro della povertà e persino della fame (Generali applausi). Ci sono in molte aree del Mezzogiorno famiglie che non riescono a provvedere in alcun modo al loro sostentamento quotidiano.
C'è un pezzo di Italia che viaggia in jet ed un altro che si sposta su zattere. La risposta non sono le secessioni. Non esiste un diritto alla secessione (Vivissimi, prolungati applausi - Molti deputati si levano in piedi).
E chiunque intendesse perseguirla troverà in quest'aula e in questo seggio un impedimento assolutamente determinato (Applausi).
Lo Stato democratico ha tutti i mezzi, a cominciare dal consenso politico sino all'uso legittimo della forza, per impedire la propria soppressione.
Ma non sarà necessario. Le diverse parti d'Italia hanno bisogno l'una dell'altra. Basti pensare che il diverso incremento demografico tra il nord ed il sud metterebbe il primo, entro breve tempo, nella impossibilità di pagare le pensioni ai suoi abitanti.
La secessione è la risposta sbagliata ad un problema giusto. Troppi lutti è costata la nostra indipendenza e la nostra unità, troppe vite sono state spezzate in guerre feroci, sotto le torture di aggressori violenti, nei campi di sterminio, troppo grande è la quotidiana difficoltà di vivere onestamente in questo Stato, difficoltà che affrontano serenamente decine di milioni di italiani, perché si possa con spirito imbelle assistere a proclami inconciliabili con il senso di responsabilità nazionale. Il Parlamento non è solo il luogo della legislazione e del controllo sul Governo. Il Parlamento è il custode della memoria e della storia delle nazioni. Nella nostra memoria e nella nostra storia c'è un faticoso e continuo processo di conquista di indipendenza e di unità. Noi non lo interromperemo (Vivi applausi). Lo dico con fermezza, ma con rispetto per tutti i colleghi.
La chiave di volta sta nella costruzione di un federalismo solidale, in una formidabile valorizzazione dei comuni, che per precise ragioni storiche sono la pietra angolare del nostro sistema costituzionale, nella funzionalità quotidiana del potere pubblico, di tutto il potere pubblico.
Qui si apre un'altra delicata questione. In molte parti del paese, specie nel Mezzogiorno, non funziona la sanità, non funziona la scuola, non funziona la pubblica amministrazione e funziona solo la giustizia penale.
In questi casi il servizio giustizia viene colto dal cittadino non come garanzia dei diritti, ma, purtroppo, come pura oppressione. La responsabilità non è certamente della magistratura, né delle forze di polizia, alle quali va il nostro rispettoso saluto e la nostra gratitudine (Applausi). La responsabilità è di chi ha il compito di dirigere complessivamente lo Stato, quindi, è anche nostra. La legalità non può essere solo quella giudiziaria; deve riguardare anche alcuni servizi essenziali, altrimenti può generare temibili controspinte nelle quali si saldano la disperazione del cittadino esasperato e gli interessi del grande crimine organizzato.
Va affrontato con decisione il problema della giustizia. I processi sono troppo lunghi, c'è troppe volte un improprio connubio tra giustizia e mezzi di informazione, c'è sui magistrati un carico eccessivo di aspettative e di responsabilità. Ci sono soluzioni tecniche che studieranno i tecnici.
Ma c'è una prioritaria questione generale: la politica, e le sue istituzioni, come in tutte le democrazie, anche in Italia, deve ricollocare se stessa al centro del sistema, ricollocando così tutte le altre istituzioni nel posto che loro compete in base alla nostra Costituzione e alle nostre leggi (Applausi).
Al centro del sistema non si ritorna con atti di imperio. Si ritorna svolgendo con dignità e senso di responsabilità le proprie funzioni, abbandonando la pratica del dileggio nei confronti dei rappresentanti delle altre istituzioni ed isolando chi la svolge, guadagnando autorevolezza dinanzi all'opinione pubblica.
Dinanzi all'opinione pubblica internazionale l'Italia ha guadagnato consenso ed ammirazione per la sua capacità di rispondere con straordinaria efficienza all'attacco delle organizzazioni mafiose. Bisogna andare avanti per questa strada, sostenendo coloro che rischiano la vita per i diritti di tutti, usando razionalmente le risorse esistenti, assicurando la rapida e garantita celebrazione dei processi, assicurando il sequestro, la confisca e la successiva utilizzazione sociale delle straordinarie ricchezze di quelle organizzazioni.
La mafia in molte aree del sud è fonte di miseria, impedimento allo sviluppo, sospensione della democrazia e delle regole di mercato. La nostra generazione ha il dovere di liberare il paese da questo condizionamento (Generali applausi).
Dobbiamo sforzarci di costruire uno Stato efficiente, garantista ed autorevole.
A differenza di altri importanti paesi europei, non abbiamo ancora valori nazionali comunemente condivisi.
Le due grandi vicende della storia nazionale, il Risorgimento e la Resistenza, hanno coinvolto solo una parte del paese e solo una parte delle forze politiche. Quelle che ne sono uscite sconfitte, ma anche settori di quelle vincitrici, tanto a metà dell'Ottocento, quanto, un secolo dopo, a metà del Novecento, hanno potuto, per ragioni diverse, frenare la portata innovativa e nazionale di quegli eventi.
Oggi del Risorgimento prevale un'immagine oleografica e denudata dei valori profondi che lo ispirarono.
La Resistenza e la lotta di liberazione corrono lo stesso rischio e, per di più, non appartengono ancora alla memoria collettiva dell'Italia repubblicana.
Mi chiedo, colleghi, me lo chiedo umilmente, in che modo quella parte d'Italia che in quei valori crede e che quei valori vuole custodire e potenziare nel loro aspetto universale di lotta alla tirannide e di emancipazione dei popoli, non come proprietà esclusiva, sia pure nobile, della sua cultura civile o della sua parte politica, mi chiedo - dicevo - cosa debba fare quest'Italia perché la lotta di liberazione dal nazifascismo diventi davvero un valore nazionale e generale, e perché si possa quindi uscire positivamente dalle lacerazioni di ieri.
Mi chiedo se l'Italia di oggi - e quindi noi tutti - non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri; non perché avessero ragione o perché bisogna sposare, per convenienze non ben decifrabili, una sorta di inaccettabile parificazione tra le parti, bensì perché occorre sforzarsi di capire, senza revisionismi falsificanti, i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e delle libertà (Applausi). Questo sforzo, a distanza di mezzo secolo, aiuterebbe a cogliere la complessità del nostro paese, a costruire la liberazione come valore di tutti gli italiani, a determinare i confini di un sistema politico nel quale ci si riconosce per il semplice e fondamentale fatto di vivere in questo paese, di battersi per il suo futuro, di amarlo, di volerlo più prospero e più sereno. Dopo, poi, all'interno di quel sistema comunemente condiviso, potranno esservi tutte le legittime distinzioni e contrapposizioni.
Onorevoli colleghi, nel concludere voglio esprimere gratitudine a tutti coloro che lavorano nell'amministrazione della Camera dei deputati, a partire dal Segretario generale. Voglio inoltre augurare buon lavoro a tutti voi e soprattutto a chi per la prima volta ha varcato la soglia di quest'aula.
Se mi permettete, intendo esprimere un rammarico: in quest'aula vi è un numero di donne assolutamente inadeguato ad esprimere la ricchezza... (Applausi), la complessità, la forza del mondo delle donne italiane, e non certo per responsabilità degli elettori.
Sarà in ogni caso mio impegno, per quanto mi compete, valorizzare al massimo il ruolo e la competenza delle donne elette alla Camera, affinché tutto il paese abbia a trarne beneficio.
Vi ringrazio, colleghi, e vi auguro un lavoro sereno e proficuo nel superiore interesse dell'Italia (Generali, vivissimi, prolungati applausi).

venerdì 25 gennaio 2013

DERIVATI - Storia parlamentare

Gli strumenti finanziari derivati

Gli enti locali, secondo una prassi consolidata negli ultimi anni, hanno fatto ampio ricorso all’emissione di strumenti finanziari derivati, sia nella gestione del proprio debito che, in particolare, nell’ambito della ristrutturazione dell’indebitamento.

Per “strumenti finanziari derivati” si intendono gli strumenti finanziari il cui valore dipende (“deriva”) dall’andamento di un’attività sottostante (chiamata underlying asset). Le attività sottostanti possono avere natura finanziaria (come, ad esempio, i titoli azionari, i tassi di interesse e di cambio, gli indici) o reale (come, ad esempio, il caffè, il cacao, l’oro, il petrolio, etc.).

Il decreto legislativo 28 febbraio 1998, n. 58 (articolo 1, commi 2 e 3) , recante il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), elenca le forme in cui si possono presentare tali strumenti.

La pratica internazionale ha tuttavia consentito lo sviluppo di numerose tipologie di contratti rientranti nella categoria dei derivati, oggetto di variegata disciplina nel corso del tempo.

La particolare complessità di tali strumenti ne implica un elevato profilo di rischio.
Le ultime novità normative in tema di derivati emessi dagli enti territoriali

Le leggi finanziarie 2007 (legge 29 dicembre 2006, n. 296) e 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244) hanno, rispettivamente, limitato l’utilizzo di strumenti finanziari derivati da parte di regioni ed enti locali e improntato la sottoscrizione dei contratti a criteri di massima trasparenza.

Da ultimo, la materia è stata oggetto di modifica con la legge finanziaria per il 2009 (legge 22 dicembre 2009, n. 203, articolo 3, che ha interamente sostituito l’articolo 62 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112), con lo scopo di contenere l’indebitamento delle Regioni, delle Province autonome di Trento e Bolzano e degli enti locali.

In particolare è stato disposto il divieto, per le Regioni, le Province autonome e gli enti locali, di stipulare contratti relativi a strumenti finanziari derivati fino alla data di entrata in vigore di un apposito regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, cui è demandata l’individuazione della tipologia dei contratti su derivati che possono essere stipulati dagli enti territoriali.

Sono nulli i contratti emessi in violazione delle norme del suddetto regolamento o privi di un’attestazione scritta dell’ente, nella quale si dichiari di avere preso conoscenza dei rischi e delle caratteristiche dei medesimi. La nullità è di tipo relativo, in quanto può essere fatta valere solo dall’ente stesso.

Le norme hanno previsto stringenti requisiti di forma del contratto (ad esempio, esso deve recare tutte le informazioni in lingua italiana), che deve avere un contenuto tipico.

Alle Regioni e agli enti locali è stato fatto obbligo di allegare al bilancio di previsione e al bilancio consuntivo una nota informativa che evidenzi gli oneri e gli impegni finanziari, rispettivamente stimati e sostenuti, derivanti da contratti relativi a strumenti finanziari derivati o da contratti di finanziamento che includono una componente derivata.

E’ stata comunque prevista una deroga a tale disciplina per i territori dell’Abruzzo colpiti dagli eventi calamitosi dell’aprile 2009. In particolare, il decreto-legge “Abruzzo” (articolo 4, comma 8 del 28 aprile 2009, n. 39) con riguardo alla durata massima di una singola operazione di indebitamento, ha autorizzato la regione Abruzzo, la provincia di L'Aquila e gli altri comuni colpiti dal sisma a rinegoziare con la controparte i prestiti, in qualsiasi forma contratti, in essere al 28 aprile 2009 (data di entrata in vigore del decreto-legge; si veda il tema relativo al terremoto in Abruzzo. La durata di ogni singolo prestito può essere estesa per un periodo non superiore a cinquanta anni a partire dalla data della rinegoziazione.

Il decreto-legge 26 giugno 2009, n. 78 (articolo 17, comma 32) ha autorizzato le regioni Lazio, Campania, Molise e Sicilia, in presenza di eccezionali condizioni economiche e dei mercati finanziari, a ristrutturare le operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati al fine esclusivo della salvaguardia del beneficio e della sostenibilità delle rispettive posizioni finanziarie.

venerdì 11 gennaio 2013

IDEE PER CUI LOTTARE

- E poi arriva il momento di riflettere. Arriva sempre è inevitabile. Si va sempre di corsa, a volte si fanno le cose meccanicamente, quasi la vita ti travolge. Un vorticoso susseguirsi di eventi aspettati ed inaspettati. E ti ritrovi a tentare una disperata organizzazione degli eventi. C’è un tempo per ogni cosa, caspita! Dio ha dato all’uomo la tensione ad occuparsi del tempo in modo da tenerlo occupato, e questa è l’occupazione pricipale, ti ripeti. C’è un tempo per ogni cosa è la filosofia di Qohelet! E così arriva il momento di ridere ed il momento di esser seri, il momento di parlare ed il momento di tacere, il momento di correre ed il momento di fermarsi a riflettere. Ora, dopo il vorticoso scandire dei giorni appena trascorsi, sto riflettendo. Diciamo la verità, la giornata è di quelle indicatissime. Un cielo plumbeo, minaccioso. E’ aria di tempesta ma è piacevole lo stesso perché, come direbbe Renato Zero questi sono e resteranno i migliori anni della nostra vita. Aria (il vento rinnovatore della politica del pd) e fuoco .. (il fuoco della passione con la quale si spendono i propri giorni e si tenta di conquistare i popri sogni) e tra un po’ arriva anche l’acqua! E che acqua! Comunque probabilmente ogni anno è il migliore della nostra vita., anche il peggiore. E così sei lì a guardare fuori dai vetri e finisci con il pensare. Una bella campagna elettorale. Gradevolissima. Tra sorrisi, lazzi e frizzi, occasioni di disagio e opportunità, il tempo è scivolato via veloce. Un tempo ben speso. Un tempo occupato. Più passavano i giorni e più mi sentivo in assonanza e m’innamoravo delle idee e del modo di fare di Pier Luigi Bersani. L’ho conosciuto a poco a poco ed alla fine mi è parso di conoscerlo da ancor prima di nascere. Ma sono mai stata senza Bersani? Identità, assonanza, somiglianza, empatia, telepatia… sono belle parole per un partito. Il mio Segretario ed il mio partito. Un partito che ho visto nascere, a cui mi sono sentita di aderire da subito, in cui credo fermamente e per cui ho lottato. Perché ha una storia pregressa, perché ha un presente coinvolgente, perché immagina un futuro. E’ così che si mettono in moto le idee. Finita la campagna elettorale per la scelta del candidato premier, e la scelta è ricaduta ottimamente su Bersani, che dubbuio c’era… , ora è tempo di prendere quelle idee per mano e di lasciarsi guidare per realizzarle. Questo è il tempo di camminare tutti insieme.

lunedì 7 gennaio 2013

Nuove tecnologie antichi diritti

Le innovazioni tecnologiche raggiunte negli ultimi anni hanno senza dubbio spianato la strada alla globalizzazione ed internazionalizzazione della comunicazione e della informazione. Ormai le video immagini non sono solo appannaggio della televisione. Da quando siamo passati dal sistema catodico al distema digitale il mondo è diventato un unico grande possibile contatto. E senza perdita di memoria. Persino i libri e gli archivi sono consultabili attraverso il digitale. Un simile presupposto comporta un’abbreviazione della cultura, detta appunto cultura convergente, cultura disciplinare, modulistica, dati a pacchetto. Un’abbrevizione che significa semplicemente: immediatezza e fruibilità; accessibilità e democrazia; opportunità e personalizzazione. Quindi la globalizzazione sembra volerci riportare alla specializzazione ed inventiva. La composizione e scomposizione della realtà che segue il nuovo assetto sociale, si avvicina molto ad un lavoro di pachwork sociale che ognuno di noi può interpretare secondo un’ottica personale, secondo il proprio modo di utilizzare la “cassetta degli attrezzi”. E ciò non esclude assonanze e dati oggettivi. Una costruzione del sociale appena agli inizi. Siamo definitivamente entrati nel terzo millennio. L’interattività è l’assioma principale ma è anche la nuova base fondante i diritti rinnovati. Questa è la nostra modernità. Antichi ed imprescindibili diritti che chiedono di essere declinati secondo la revisione e reinterpretazione dell’umano che utilizza nuove risorse e nuovi strumenti. Dalla clava al pc attraverso tremila anni di storia. Cosa ne scaturirà non possiamo prevederlo ma è sicuro che il nostro immediato ci suggerisce di non temere troppo la nuova era anche se si aprono innanzi a noi problematiche ancora inesplorate. Sono passati pochi anni da quando si diceva che il computer avrebbe sottratto il lavoro manuale, portando al collasso l’economia. E ciò forse è stato vero ma è anche vero che probabilmente da questa irresistibile affermazione delle innovazioni tecnologiche potrebbero venire nuove offerte, nuovi assetti, nuovi orizzonti. In fondo è l’ottimismo che ci ha guidati attraverso i secoli. L’uomo rimane sempre al centro, il perno intorno cui ruota l’intera storia