lunedì 28 gennaio 2013

L'Eco di Francia intervista Pier Luigi Bersani - traduzione

La Germania deve riconoscere che ha preso un enorme vantaggio dall'euro "
Pierre de Gasquet


Elezioni, crisi, Europa, "deriva morale", scandalo della banca Monte dei Paschi di Siena ... il leader del Partito Democratico (PD), che guida la coalizione di centrosinistra alle elezioni parlamentari del febbraio prossimo, risponde alle domande di Echos.


- D. Questa corsa elettorale con tre candidati principali si tratta di una novità nella politica italiana? Vedete il rischio di un ritorno al bipolarismo imperfetto?

Non credo che possiamo dire che sia davvero una novità. Certo, oggi, la proposta centrista potrebbe essere più significativa rispetto al passato. Ma nel profondo del paese, c'è un'esigenza di bipolarismo. Sono forze che aspirano ad essere un punto centrale di equilibrio, ma nella attuale situazione italiana, non credo avranno un ruolo chiave

- D. Patronati e sindacati chiedono oggi riforme più incisive per l'economia italiana, la cura di Mario Monti ha funzionato fino ad ora ai vostri occhi?


La cura Monti ha funzionato su due aspetti: evitare il precipizio e dare al paese un elemento di credibilità sui mercati internazionali. Mi piace anche ricordare che Mario Monti non ha fatto tutto da solo, ma con il supporto del nostro partito fedele che ha rinunciato ad andare alle elezioni in nome dell'interesse nazionale. Tuttavia, anche riconoscendo il valore di questa esperienza, dobbiamo ancora affrontare scelte critiche per l'economia reale, l'occupazione, le riforme civili e politiche


- D. Siete d'accordo con il "Financial Times" che ha detto che Mario Monti non merita un secondo mandato per l'impatto negativo della sua austerità?


Mi sembra una sentenza ingiusta in parte. Sarei più equilibrato. Certo, dobbiamo andare oltre l'esperienza della transizione. Come in tutte le democrazie, alla fine, abbiamo bisogno delle forze politiche che governano, di contare su un ampio consenso popolare. In caso contrario, le riforme non si possono fare. La soluzione tecnica ha le sue virtù e le sue limitazioni. Tutti si sono resi conto che riforma delle istituzioni, lotta contro la corruzione o conflitti di interesse non possono essere eseguite da un governo tecnico. Inoltre, parallelamente alla politica di austerità bisogna attuare misure di stimolo all'economia che sono fuori della portata di un governo di transizione. Oggi, sono i cittadini a dover dire che quali politiche si devono attuare.


- D. Pensa, come alcuni economisti fanno, che il governo Monti avrebbe dovuto consentire di ridurre la spesa pubblica, invece di aumentare le tasse?


E 'meno facile di quanto si pensi. Oltre all'aumento del debito e della spesa pensionistica negli ultimi decenni, l'Italia ha una spesa pubblica inferiore alla media europea. Non c'è dubbio che dobbiamo ridistribuire la spesa pubblica, che in alcuni casi è mal distribuita. Ma il nostro problema è quello di riavviare il PIL, è una priorità , per ripristinare più dinamica dei consumi e degli investimenti. Non si può credere nell'illusione che unicamente i tagli alla spesa pubblica siano in grado di generare la crescita: non credo che sia questa la ricetta.

- D. Cosa ne pensa del recente "mea culpa" del FMI sul costo reale dell'austerità?


Alla buon ora! E tempo che il FMI lo riconosca: il nostro partito lo va dicendo da due o tre anni, in Italia ad ogni punto di riduzione del PIL corrisponde un punto di recessione . E' un fatto. Questo ci deve portare ad una riflessione a livello europeo: la “mia”Italia è pronta ad accettare che ci sia un esame preventivo dei bilanci pubblici. Non da un burocrate o da un commissario, si deve trovare un altro meccanismo (attraverso il Parlamento, la Commissione o il Consiglio). A condizione che ci sono alcune misure che garantiscono gli investimenti e l'occupazione. Non c'è dubbio che si debba ridurre il debito e tenere il deficit sotto controllo, ma sono misure a medio termine. Le misure più urgenti sono quelle volte a promuovere l'occupazione. In caso contrario, ci sarà una spirale tra austerità e recessione che ci sfuggirà completamente.


- D. Questo significa che l'obiettivo di saldo strutturale nel 2013 non è un requisito assoluto per l'Italia?

No. Io rispetto questo obiettivo, ma voglio che sia preso in considerazione l'impatto del ciclo. Non possiamo incoraggiare la recessione con la crisi. Altrimenti la crescita si deteriora ulteriormente, chiederò all'Unione europea di garantire che ciò non comporti meccanicamente da nuovi tagli. A questa condizione confermo il Patto fiscale e gli impegni. Ma mi piacerebbe avviare un dibattito a livello europeo a favore della crescita. Per me non è vero che c'è un destino diverso per la Germania e la Grecia. Noi tutti siamo in viaggio sullo stesso treno che rallenta, anche se alcune sono più comodi di altri.


- D. Come pensate di bilanciare il dogma del rigore imposto dalla Germania?


Dico alla Germania: è vero che alcuni paesi non hanno approfittato dell'euro per fare i "compiti a casa": per noi questo fatto si chiama Berlusconi. Ed è vero che la Germania è uno studente bravo. Ma dobbiamo anche riconoscere che la Germania ha avuto un'enorme vantaggio dell'euro, in termini di bilancia commerciale e di economia reale. Nessun spirito di contesa, chiedo che si apra una discussione. Sono pronto a dire che l'Italia è a disposizione per rafforzare ulteriormente il controllo reciproco della finanza pubblica.
Ma in cambio, la Germania deve riconoscere che dobbiamo trovare il modo per aumentare gli investimenti e l'occupazione nell'area dell'euro. Dobbiamo riconoscere che non siamo stati all'altezza della nostra moneta e degli squilibri che si creano. Abbiamo bisogno di trovare strumenti nazionali o europei di coordinamento per creare posti di lavoro. Poiché il rigore è una condizione necessaria, ma non è un obiettivo. Tra le soluzioni che vorrei suggerire: emettere euro-obbligazioni per investimenti selettivi decisi a livello europeo, il progetto eurobond ... con questi saremo in grado di gestire una parte del debito attraverso un "fondo di redenzione". E 'essenziale che i cittadini europei vogliano che l'Europa si occupi di lavoro, se il sogno europeo crollerà necessariamente.


- D. Sei d'accordo con Matteo Renzi sul fatto che non dobbiamo sottovalutare l'impatto di Silvio Berlusconi?

Completamente d'accordo. Ma questa volta, il nostro obiettivo è quello di presentare un'alternativa credibile alle favole. Io dico agli italiani: non cerco di piacervi, voglio essere creduto perchè racconto la verità. E ' su questo linguaggio di verità che ho basato la mia campagna elettorale.


- D. Lei ha detto che l'Italia deve lasciare alle spalle venti anni di "deriva morale". Che cosa vuol dire?


La deriva morale io la identifico con Berlusconi. Per vent'anni, la personalizzazione del sistema Berlusconi, basato sul consenso al premier e non sulle regole, ha permesso di diffondere l'idea che non c'è bisogno di pagare le tasse, che lo Stato è un nemico, che gli immigrati sono indesiderabili, per non parlare della deriva culturale. E 'assolutamente necessario correggere questa situazione, perché non riflette la realtà italiana. Berlusconi non ce la farà questa volta, farà i conti con quello che ha seminato. Si scioglierà come neve al sole. Ecco perché la nostra prima riforma sarà una legge contro la corruzione, oltre a un testo sui partiti politici e la riforma della legge elettorale. Il punto di partenza sarà il ritorno alla moralità e alla cittadinanza.


- D. Un accordo di governo con Mario Monti sarà la soluzione naturale se il centro-sinistra non avrà la maggioranza al Senato?


Sono fiducioso che chi raccoglierà la maggior parte del voto popolare sarà in grado di governare sia alla Camera e al Senato. Ma anche se abbiamo la maggioranza, vista la situazione del paese, il centro-sinistra non sarà settario, discuteremo con le forze europeiste, non populiste, e costituzionaliste. Il nostro avversario è Berlusconi, la Lega Nord, Beppe Grillo, e tutte le forme di populismo anti-europeo. Al governo, siamo pronti a discutere con Mario Monti. Spetterà a lui decidere. Non voglio che il centro-sinistra appaia come settario.


- D. Lo scandalo Montepaschi Siena sarà una minaccia per la tenuta del settore bancario italiano?

No. Si tratta di un caso assolutamente isolato, anche altre banche hanno utilizzato i derivati. Dirò di più: il sistema bancario italiano delle fondazioni assicura la stabilità, ma vi è il rovescio della medaglia delle interferenze con le comunità locali. Per quanto riguarda l'uso della finanza creativa, siamo molto al di sotto di tutte le altre esperienze straniere. Certo, abbiamo criticato il governo precedente e Giulio Tremonti (ex-minitre Finanza Silvio Berlusconi) che hanno incoraggiato le comunità locali ad utilizzare questi strumenti derivati. Ma il nostro sistema bancario è meno esposto di altri a rischi sistemici. Il nostro problema è piuttosto che, a differenza del resto d'Europa, abbiamo un sistema bancario che trova la sua forza nei suoi rapporti con le PMI. Il cordone ombelicale tra l'economia reale e il sistema bancario è molto forte. Il rischio reale è che alle banche siano tagliate le valvole per l'economia reale per dar loro più forza.


- D. Cosa ne pensi della decisione di François Hollande di introdurre il livello del 75% per i redditi oltre un milione di euro?


La differenza è che Hollande sa chi sono i più ricchi di Francia. Noi in Italia non lo sappiamo ancora. Il mio problema non è quello di aumentare le tasse, ma a tassare quelli che non pagano. L'Italia deve raggiungere la media europea dell'equità fiscale. In Italia, dobbiamo capire dove sono i ricchi. Perché abbiamo pochissimi contribuenti che denunciano di guadagnare più di 100.000 euro e noi sappiamo che questa non è la realtà. La Banca d'Italia stima l'evasione fiscale a 100 miliardi di euro all'anno. Se riesco a recuperare anche solo il 7% e l'8% per anno si potrebbero ridurre le tasse. Per quanto riguarda il patrimonio immobiliare, mi auguro che il nostro sistema sia più progressivo, la nostra strategia è quella di far emergere le attività finanziarie. Non aumentare le tasse, ma creare tracciabilità. Ciò che noi chiamiamo troppo facilmente “elusione” in realtà è frode. In Italia, dobbiamo capire chi è ricco, solo in questo caso il sistema può essere corretto ma sono sicuro che non avremo bisogno di arrivare al 75%. Una cosa voglio affermare con forza : non ci sarà mai un condono fiscale in Italia.

27 gennaio 2013

domenica 27 gennaio 2013

IL PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI CHE VOLLE FORTEMENTE L’ISTITUZIONE DEL “GIORNO DELLA MEMORIA”

Donne, Shoa, unità del paese, scuola e lavoro, riforma dello Stato, Parlamento più snello, legalità e solidarietà, questi i temi principali al centro del discorso d’insediamento in qualità di Presidente della Camera dei Deputati, del magistrato Luciano Violante. Volle, fortissimamente volle l’istituzione del “giorno della memoria”, il Parlamento non seppe, non volle, dirgli di no, Lega compresa, in quegli anni agguerritissima sulla secessione da ottenere ad ogni costo. Uno “spauracchio” bossiano per tenere sotto scacco il paese. Ci volle tutta la forza di volontà di Luciano Violante per regolare quell’assemblea….


XIII Legislatura della Repubblica italiana
Seduta del 9 maggio 1996, continuata nella giornata del 10 maggio. Discorso d’insediamento del Presidente Luciano Violante.
Presidente. (Pronunzia, stando in piedi, il seguente discorso). Onorevoli colleghi! Accolgo con comprensibile emozione il risultato del voto. Ringrazio i deputati che hanno ritenuto di dare il proprio consenso e ringrazio coloro che, per legittime ragioni politiche, hanno ritenuto di negarlo.
Assolverò a questo mandato nel pieno ed intransigente rispetto della Costituzione e del regolamento, confidando nella collaborazione di tutti.
Sarò il Presidente di tutta la Camera, della maggioranza e dell'opposizione.
Rispetterò i diritti dei gruppi parlamentari e quelli dei singoli deputati, ma se in qualche caso i due diritti fossero in conflitto non esiterei, se il regolamento lo consente, a far prevalere, secondo i princìpi del sistema maggioritario, i diritti del singolo parlamentare rispetto a quelli del gruppo.
Nel lavoro quotidiano mi sforzerò di garantire tanto il diritto-dovere di governare, quanto quello di opporsi. La mia non breve vita parlamentare mi ha insegnato che fare politica significa prima di ogni altra cosa sforzarsi di capire le ragioni degli altri.
In questo momento il pensiero va al popolo italiano, che ha dato a noi la sua fiducia e nei confronti del quale abbiamo alti doveri e gravi responsabilità.
Va agli uomini e alle donne uccisi dal terrorismo e dalla mafia, caduti per la nostra libertà e per i nostri diritti (Vivi, generali applausi). Va al Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scàlfaro, arbitro imparziale (Applausi - Commenti), garante degli equilibri costituzionali, che nei momenti più difficili ha costituito per tutto il paese un orientamento fermo e sereno.
Va al Pontefice (Vivi, generali applausi), guida spirituale per la grande maggioranza degli italiani, che ieri ha rivolto una sua riflessione proprio al Parlamento ed ai nuovi eletti. Va al Presidente del Senato (Applausi) eletto ieri, nella consapevolezza che sarà possibile con l'altro ramo del Parlamento una collaborazione intensa e proficua. Va agli insegnanti (Vivi, generali applausi), che nelle scuole italiane, dalle elementari all'università, in condizioni precarie, con retribuzioni non adeguate, spesso trascurati e misconosciuti, adempiono con sacrificio e competenza alla fondamentale funzione della trasmissione del sapere, della formazione delle coscienze civili.
Va alle ragazze ed ai ragazzi che in quelle scuole studiano e costruiscono il loro ed il nostro futuro (Vivi, generali applausi).
Ma il futuro sarà davvero migliore solo se investiremo di più e meglio nella scuola, se considereremo la formazione come un dovere dello Stato nei confronti dei cittadini e come la condizione indispensabile per lo sviluppo del paese. Alcuni fondamentali problemi, dal lavoro alla competizione internazionale, possono essere affrontati positivamente solo se la formazione delle giovani generazioni costituirà una delle nostre principali preoccupazioni.
La mia gratitudine di deputato va, infine, a chi mi ha immediatamente preceduto in questa responsabilità: a Nilde Iotti (Vivi applausi), severa ed impareggiabile conduttrice dei nostri lavori; a Giorgio Napolitano (Vivi applausi), alla cui efficienza ed al cui equilibrio dobbiamo una legislatura particolarmente densa di risultati; ad Irene Pivetti (Vivi applausi), giovane e determinato Presidente, che ho avuto l'occasione di salutare nel corso della seduta di ieri.
Siamo una Repubblica parlamentare ed il Parlamento costituisce il cuore del sistema politico. Tuttavia sentiamo l'urgenza di riformare le nostre regole fondamentali, le nostre procedure, il modo stesso di intendere la vita ed il funzionamento dell'Assemblea. Ogni ora del nostro lavoro, colleghi, rappresenta per la collettività un costo economico rilevante. Abbiamo chiesto agli italiani molti sacrifici; perderemmo la legittimazione a guidarne la vita politica se non riuscissimo ad utilizzare al meglio le nostre risorse, le nostre intelligenze, il nostro tempo. Certo: il Parlamento non è solo il luogo della decisione, è anche il luogo del confronto delle idee, della formazione dei convincimenti. Ma c'è il rischio che il problema delle decisioni sia completamente trascurato, che il dibattito diventi fine a se stesso, che gli interessi degli italiani, le aspettative, la speranza e la fiducia che essi hanno riposto in noi non abbiano soluzioni efficaci.
Insieme troveremo il giusto equilibrio tra confronto delle idee e decisione politica, nella consapevolezza che un Parlamento che non riuscisse a decidere segnerebbe la propria sconfitta e quella della democrazia.
L'integrazione europea, obiettivo ineludibile per qualsiasi moderno paese di questo continente, richiede ai Parlamenti capacità di analisi e rapidità di decisione.
Sono incandescenti molti problemi: la questione settentrionale, la questione meridionale, il ruolo dei comuni, gli oneri fiscali, la carenza dei servizi pubblici ed il sistema giudiziario. Problemi apparentemente diversi, ma che si riconducono tutti ad una questione di fondo: lo Stato, purtroppo, salve rare eccezioni, non funziona in modo adeguato, non dà servizi, non è amico, non aiuta a vivere, ma rende anzi la vita quotidiana più difficile e più faticosa. Le 150 mila leggi sono diventate un onere insopportabile per i cittadini, per le imprese, per la stessa pubblica amministrazione, tutti schiacciati da valanghe di regole, disposizioni, indirizzi confusi e contraddittori.
C'è un'inflazione legislativa alla quale corrisponde, per ragioni assolutamente oggettive, un'inflazione giudiziaria. L'una e l'altra possono provocare gravi distorsioni nella vita democratica. Le società moderne sono ipergiuridicizzate e la democrazia parlamentare rischia di perdere una parte della sua tradizionale forza di orientamento. È inutile gridare allo scandalo.
La politica non deve gridare; la politica deve risolvere.
Il numero delle leggi va drasticamente ridotto; la loro chiarezza va perseguita come obiettivo primario di un moderno Parlamento. La legge non chiara è il presupposto di arbitrii, lascia il cittadino solo davanti alla pubblica amministrazione o davanti al suo contraddittore più forte o più furbo.
La confusione delle leggi è uno dei presupposti della corruzione.
Il Parlamento deve legiferare meno e meglio e dare più spazio invece alle azioni di controllo e di indirizzo.
Insieme, avvalendoci anche della straordinaria competenza professionale dei nostri uffici, avvieremo un itinerario che possa condurci ad un controllo più efficace e ad una legislazione più semplice e più chiara, che non sia solo il punto di mediazione tra le diverse parti politiche, ma che esprima regole razionali, utili e comprensibili.
La grande maggioranza delle donne e degli uomini che lavorano negli apparati pubblici svolgono le loro funzioni con sacrificio e serietà. Tuttavia non possiamo negare che esiste nel nostro paese, come accennavo poc'anzi, il problema dello Stato, della sua forma, della sua organizzazione, del modo in cui il potere pubblico si rapporta al cittadino.
Alcuni, che si considerano legittimamente rappresentanti della parte economicamente più forte del paese, parlano di secessione. Invito a non considerare questi richiami come forme di folklore politico. C'è un malessere vero nel nord, determinato dalla differenza tra prelievo fiscale e qualità dei servizi, ma c'è un malessere vero anche nel sud, dove, per la prima volta dopo molti decenni, è ricominciato ad apparire lo spettro della povertà e persino della fame (Generali applausi). Ci sono in molte aree del Mezzogiorno famiglie che non riescono a provvedere in alcun modo al loro sostentamento quotidiano.
C'è un pezzo di Italia che viaggia in jet ed un altro che si sposta su zattere. La risposta non sono le secessioni. Non esiste un diritto alla secessione (Vivissimi, prolungati applausi - Molti deputati si levano in piedi).
E chiunque intendesse perseguirla troverà in quest'aula e in questo seggio un impedimento assolutamente determinato (Applausi).
Lo Stato democratico ha tutti i mezzi, a cominciare dal consenso politico sino all'uso legittimo della forza, per impedire la propria soppressione.
Ma non sarà necessario. Le diverse parti d'Italia hanno bisogno l'una dell'altra. Basti pensare che il diverso incremento demografico tra il nord ed il sud metterebbe il primo, entro breve tempo, nella impossibilità di pagare le pensioni ai suoi abitanti.
La secessione è la risposta sbagliata ad un problema giusto. Troppi lutti è costata la nostra indipendenza e la nostra unità, troppe vite sono state spezzate in guerre feroci, sotto le torture di aggressori violenti, nei campi di sterminio, troppo grande è la quotidiana difficoltà di vivere onestamente in questo Stato, difficoltà che affrontano serenamente decine di milioni di italiani, perché si possa con spirito imbelle assistere a proclami inconciliabili con il senso di responsabilità nazionale. Il Parlamento non è solo il luogo della legislazione e del controllo sul Governo. Il Parlamento è il custode della memoria e della storia delle nazioni. Nella nostra memoria e nella nostra storia c'è un faticoso e continuo processo di conquista di indipendenza e di unità. Noi non lo interromperemo (Vivi applausi). Lo dico con fermezza, ma con rispetto per tutti i colleghi.
La chiave di volta sta nella costruzione di un federalismo solidale, in una formidabile valorizzazione dei comuni, che per precise ragioni storiche sono la pietra angolare del nostro sistema costituzionale, nella funzionalità quotidiana del potere pubblico, di tutto il potere pubblico.
Qui si apre un'altra delicata questione. In molte parti del paese, specie nel Mezzogiorno, non funziona la sanità, non funziona la scuola, non funziona la pubblica amministrazione e funziona solo la giustizia penale.
In questi casi il servizio giustizia viene colto dal cittadino non come garanzia dei diritti, ma, purtroppo, come pura oppressione. La responsabilità non è certamente della magistratura, né delle forze di polizia, alle quali va il nostro rispettoso saluto e la nostra gratitudine (Applausi). La responsabilità è di chi ha il compito di dirigere complessivamente lo Stato, quindi, è anche nostra. La legalità non può essere solo quella giudiziaria; deve riguardare anche alcuni servizi essenziali, altrimenti può generare temibili controspinte nelle quali si saldano la disperazione del cittadino esasperato e gli interessi del grande crimine organizzato.
Va affrontato con decisione il problema della giustizia. I processi sono troppo lunghi, c'è troppe volte un improprio connubio tra giustizia e mezzi di informazione, c'è sui magistrati un carico eccessivo di aspettative e di responsabilità. Ci sono soluzioni tecniche che studieranno i tecnici.
Ma c'è una prioritaria questione generale: la politica, e le sue istituzioni, come in tutte le democrazie, anche in Italia, deve ricollocare se stessa al centro del sistema, ricollocando così tutte le altre istituzioni nel posto che loro compete in base alla nostra Costituzione e alle nostre leggi (Applausi).
Al centro del sistema non si ritorna con atti di imperio. Si ritorna svolgendo con dignità e senso di responsabilità le proprie funzioni, abbandonando la pratica del dileggio nei confronti dei rappresentanti delle altre istituzioni ed isolando chi la svolge, guadagnando autorevolezza dinanzi all'opinione pubblica.
Dinanzi all'opinione pubblica internazionale l'Italia ha guadagnato consenso ed ammirazione per la sua capacità di rispondere con straordinaria efficienza all'attacco delle organizzazioni mafiose. Bisogna andare avanti per questa strada, sostenendo coloro che rischiano la vita per i diritti di tutti, usando razionalmente le risorse esistenti, assicurando la rapida e garantita celebrazione dei processi, assicurando il sequestro, la confisca e la successiva utilizzazione sociale delle straordinarie ricchezze di quelle organizzazioni.
La mafia in molte aree del sud è fonte di miseria, impedimento allo sviluppo, sospensione della democrazia e delle regole di mercato. La nostra generazione ha il dovere di liberare il paese da questo condizionamento (Generali applausi).
Dobbiamo sforzarci di costruire uno Stato efficiente, garantista ed autorevole.
A differenza di altri importanti paesi europei, non abbiamo ancora valori nazionali comunemente condivisi.
Le due grandi vicende della storia nazionale, il Risorgimento e la Resistenza, hanno coinvolto solo una parte del paese e solo una parte delle forze politiche. Quelle che ne sono uscite sconfitte, ma anche settori di quelle vincitrici, tanto a metà dell'Ottocento, quanto, un secolo dopo, a metà del Novecento, hanno potuto, per ragioni diverse, frenare la portata innovativa e nazionale di quegli eventi.
Oggi del Risorgimento prevale un'immagine oleografica e denudata dei valori profondi che lo ispirarono.
La Resistenza e la lotta di liberazione corrono lo stesso rischio e, per di più, non appartengono ancora alla memoria collettiva dell'Italia repubblicana.
Mi chiedo, colleghi, me lo chiedo umilmente, in che modo quella parte d'Italia che in quei valori crede e che quei valori vuole custodire e potenziare nel loro aspetto universale di lotta alla tirannide e di emancipazione dei popoli, non come proprietà esclusiva, sia pure nobile, della sua cultura civile o della sua parte politica, mi chiedo - dicevo - cosa debba fare quest'Italia perché la lotta di liberazione dal nazifascismo diventi davvero un valore nazionale e generale, e perché si possa quindi uscire positivamente dalle lacerazioni di ieri.
Mi chiedo se l'Italia di oggi - e quindi noi tutti - non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri; non perché avessero ragione o perché bisogna sposare, per convenienze non ben decifrabili, una sorta di inaccettabile parificazione tra le parti, bensì perché occorre sforzarsi di capire, senza revisionismi falsificanti, i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e delle libertà (Applausi). Questo sforzo, a distanza di mezzo secolo, aiuterebbe a cogliere la complessità del nostro paese, a costruire la liberazione come valore di tutti gli italiani, a determinare i confini di un sistema politico nel quale ci si riconosce per il semplice e fondamentale fatto di vivere in questo paese, di battersi per il suo futuro, di amarlo, di volerlo più prospero e più sereno. Dopo, poi, all'interno di quel sistema comunemente condiviso, potranno esservi tutte le legittime distinzioni e contrapposizioni.
Onorevoli colleghi, nel concludere voglio esprimere gratitudine a tutti coloro che lavorano nell'amministrazione della Camera dei deputati, a partire dal Segretario generale. Voglio inoltre augurare buon lavoro a tutti voi e soprattutto a chi per la prima volta ha varcato la soglia di quest'aula.
Se mi permettete, intendo esprimere un rammarico: in quest'aula vi è un numero di donne assolutamente inadeguato ad esprimere la ricchezza... (Applausi), la complessità, la forza del mondo delle donne italiane, e non certo per responsabilità degli elettori.
Sarà in ogni caso mio impegno, per quanto mi compete, valorizzare al massimo il ruolo e la competenza delle donne elette alla Camera, affinché tutto il paese abbia a trarne beneficio.
Vi ringrazio, colleghi, e vi auguro un lavoro sereno e proficuo nel superiore interesse dell'Italia (Generali, vivissimi, prolungati applausi).

venerdì 25 gennaio 2013

DERIVATI - Storia parlamentare

Gli strumenti finanziari derivati

Gli enti locali, secondo una prassi consolidata negli ultimi anni, hanno fatto ampio ricorso all’emissione di strumenti finanziari derivati, sia nella gestione del proprio debito che, in particolare, nell’ambito della ristrutturazione dell’indebitamento.

Per “strumenti finanziari derivati” si intendono gli strumenti finanziari il cui valore dipende (“deriva”) dall’andamento di un’attività sottostante (chiamata underlying asset). Le attività sottostanti possono avere natura finanziaria (come, ad esempio, i titoli azionari, i tassi di interesse e di cambio, gli indici) o reale (come, ad esempio, il caffè, il cacao, l’oro, il petrolio, etc.).

Il decreto legislativo 28 febbraio 1998, n. 58 (articolo 1, commi 2 e 3) , recante il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), elenca le forme in cui si possono presentare tali strumenti.

La pratica internazionale ha tuttavia consentito lo sviluppo di numerose tipologie di contratti rientranti nella categoria dei derivati, oggetto di variegata disciplina nel corso del tempo.

La particolare complessità di tali strumenti ne implica un elevato profilo di rischio.
Le ultime novità normative in tema di derivati emessi dagli enti territoriali

Le leggi finanziarie 2007 (legge 29 dicembre 2006, n. 296) e 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244) hanno, rispettivamente, limitato l’utilizzo di strumenti finanziari derivati da parte di regioni ed enti locali e improntato la sottoscrizione dei contratti a criteri di massima trasparenza.

Da ultimo, la materia è stata oggetto di modifica con la legge finanziaria per il 2009 (legge 22 dicembre 2009, n. 203, articolo 3, che ha interamente sostituito l’articolo 62 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112), con lo scopo di contenere l’indebitamento delle Regioni, delle Province autonome di Trento e Bolzano e degli enti locali.

In particolare è stato disposto il divieto, per le Regioni, le Province autonome e gli enti locali, di stipulare contratti relativi a strumenti finanziari derivati fino alla data di entrata in vigore di un apposito regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, cui è demandata l’individuazione della tipologia dei contratti su derivati che possono essere stipulati dagli enti territoriali.

Sono nulli i contratti emessi in violazione delle norme del suddetto regolamento o privi di un’attestazione scritta dell’ente, nella quale si dichiari di avere preso conoscenza dei rischi e delle caratteristiche dei medesimi. La nullità è di tipo relativo, in quanto può essere fatta valere solo dall’ente stesso.

Le norme hanno previsto stringenti requisiti di forma del contratto (ad esempio, esso deve recare tutte le informazioni in lingua italiana), che deve avere un contenuto tipico.

Alle Regioni e agli enti locali è stato fatto obbligo di allegare al bilancio di previsione e al bilancio consuntivo una nota informativa che evidenzi gli oneri e gli impegni finanziari, rispettivamente stimati e sostenuti, derivanti da contratti relativi a strumenti finanziari derivati o da contratti di finanziamento che includono una componente derivata.

E’ stata comunque prevista una deroga a tale disciplina per i territori dell’Abruzzo colpiti dagli eventi calamitosi dell’aprile 2009. In particolare, il decreto-legge “Abruzzo” (articolo 4, comma 8 del 28 aprile 2009, n. 39) con riguardo alla durata massima di una singola operazione di indebitamento, ha autorizzato la regione Abruzzo, la provincia di L'Aquila e gli altri comuni colpiti dal sisma a rinegoziare con la controparte i prestiti, in qualsiasi forma contratti, in essere al 28 aprile 2009 (data di entrata in vigore del decreto-legge; si veda il tema relativo al terremoto in Abruzzo. La durata di ogni singolo prestito può essere estesa per un periodo non superiore a cinquanta anni a partire dalla data della rinegoziazione.

Il decreto-legge 26 giugno 2009, n. 78 (articolo 17, comma 32) ha autorizzato le regioni Lazio, Campania, Molise e Sicilia, in presenza di eccezionali condizioni economiche e dei mercati finanziari, a ristrutturare le operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati al fine esclusivo della salvaguardia del beneficio e della sostenibilità delle rispettive posizioni finanziarie.

venerdì 11 gennaio 2013

IDEE PER CUI LOTTARE

- E poi arriva il momento di riflettere. Arriva sempre è inevitabile. Si va sempre di corsa, a volte si fanno le cose meccanicamente, quasi la vita ti travolge. Un vorticoso susseguirsi di eventi aspettati ed inaspettati. E ti ritrovi a tentare una disperata organizzazione degli eventi. C’è un tempo per ogni cosa, caspita! Dio ha dato all’uomo la tensione ad occuparsi del tempo in modo da tenerlo occupato, e questa è l’occupazione pricipale, ti ripeti. C’è un tempo per ogni cosa è la filosofia di Qohelet! E così arriva il momento di ridere ed il momento di esser seri, il momento di parlare ed il momento di tacere, il momento di correre ed il momento di fermarsi a riflettere. Ora, dopo il vorticoso scandire dei giorni appena trascorsi, sto riflettendo. Diciamo la verità, la giornata è di quelle indicatissime. Un cielo plumbeo, minaccioso. E’ aria di tempesta ma è piacevole lo stesso perché, come direbbe Renato Zero questi sono e resteranno i migliori anni della nostra vita. Aria (il vento rinnovatore della politica del pd) e fuoco .. (il fuoco della passione con la quale si spendono i propri giorni e si tenta di conquistare i popri sogni) e tra un po’ arriva anche l’acqua! E che acqua! Comunque probabilmente ogni anno è il migliore della nostra vita., anche il peggiore. E così sei lì a guardare fuori dai vetri e finisci con il pensare. Una bella campagna elettorale. Gradevolissima. Tra sorrisi, lazzi e frizzi, occasioni di disagio e opportunità, il tempo è scivolato via veloce. Un tempo ben speso. Un tempo occupato. Più passavano i giorni e più mi sentivo in assonanza e m’innamoravo delle idee e del modo di fare di Pier Luigi Bersani. L’ho conosciuto a poco a poco ed alla fine mi è parso di conoscerlo da ancor prima di nascere. Ma sono mai stata senza Bersani? Identità, assonanza, somiglianza, empatia, telepatia… sono belle parole per un partito. Il mio Segretario ed il mio partito. Un partito che ho visto nascere, a cui mi sono sentita di aderire da subito, in cui credo fermamente e per cui ho lottato. Perché ha una storia pregressa, perché ha un presente coinvolgente, perché immagina un futuro. E’ così che si mettono in moto le idee. Finita la campagna elettorale per la scelta del candidato premier, e la scelta è ricaduta ottimamente su Bersani, che dubbuio c’era… , ora è tempo di prendere quelle idee per mano e di lasciarsi guidare per realizzarle. Questo è il tempo di camminare tutti insieme.

lunedì 7 gennaio 2013

Nuove tecnologie antichi diritti

Le innovazioni tecnologiche raggiunte negli ultimi anni hanno senza dubbio spianato la strada alla globalizzazione ed internazionalizzazione della comunicazione e della informazione. Ormai le video immagini non sono solo appannaggio della televisione. Da quando siamo passati dal sistema catodico al distema digitale il mondo è diventato un unico grande possibile contatto. E senza perdita di memoria. Persino i libri e gli archivi sono consultabili attraverso il digitale. Un simile presupposto comporta un’abbreviazione della cultura, detta appunto cultura convergente, cultura disciplinare, modulistica, dati a pacchetto. Un’abbrevizione che significa semplicemente: immediatezza e fruibilità; accessibilità e democrazia; opportunità e personalizzazione. Quindi la globalizzazione sembra volerci riportare alla specializzazione ed inventiva. La composizione e scomposizione della realtà che segue il nuovo assetto sociale, si avvicina molto ad un lavoro di pachwork sociale che ognuno di noi può interpretare secondo un’ottica personale, secondo il proprio modo di utilizzare la “cassetta degli attrezzi”. E ciò non esclude assonanze e dati oggettivi. Una costruzione del sociale appena agli inizi. Siamo definitivamente entrati nel terzo millennio. L’interattività è l’assioma principale ma è anche la nuova base fondante i diritti rinnovati. Questa è la nostra modernità. Antichi ed imprescindibili diritti che chiedono di essere declinati secondo la revisione e reinterpretazione dell’umano che utilizza nuove risorse e nuovi strumenti. Dalla clava al pc attraverso tremila anni di storia. Cosa ne scaturirà non possiamo prevederlo ma è sicuro che il nostro immediato ci suggerisce di non temere troppo la nuova era anche se si aprono innanzi a noi problematiche ancora inesplorate. Sono passati pochi anni da quando si diceva che il computer avrebbe sottratto il lavoro manuale, portando al collasso l’economia. E ciò forse è stato vero ma è anche vero che probabilmente da questa irresistibile affermazione delle innovazioni tecnologiche potrebbero venire nuove offerte, nuovi assetti, nuovi orizzonti. In fondo è l’ottimismo che ci ha guidati attraverso i secoli. L’uomo rimane sempre al centro, il perno intorno cui ruota l’intera storia