sabato 26 novembre 2011

DEBITI EUROPEI

Angela Merkel ha rimproverato le voci che paventano un'uscita della Germania dalla zona euro: "non succederà mai" ha affermato. La Germania si mette al sicuro. La fine dell'euro è solo rimandata? Vedremo. Alcune banche non sono più così sicure e la minaccia della crisi del debito sovrano declassa la stessa Germania. Questa settimana gli investitori hanno iniziato a mettere in discussione la statura della nazione come principale pilastro europeo di stabilità. Tutta l'Europa è nel mirino degli speculatori. Venerdì scorso, Standard & Poor ha declassato il debito del Belgio da AA a AA +, dicendo che potrebbe non essere in grado di ridurre il suo carico imponente di debito. Agenzie di rating di questa settimana hanno avvertito che la Francia potrebbe perdere il suo rating AAA se la crisi continua a crescere. Giovedì il rating del Portogallo e Ungheria è stato declassato a livello di spazzatura. Ma mentre i leader europei ancora dicono che non c'è bisogno di elaborare un piano B, alcune delle più grandi banche del mondo, e i loro supervisori, stanno facendo proprio questo. Le banche tra cui Merrill Lynch, Barclays Capital e Nomura hanno emesso una cascata di report esaminando la probabilità di una rottura della zona euro. "La crisi finanziaria della zona euro è entrata in una fase molto pericolosa" hanno affermato gli analisti di Nomura e chiedono a gran voce un intervento della BCE (la Banca Centrale Europea). In pratica chiedono che vengano emessi i "famosi eurobond"? Le maggiori istituzioni finanziarie britanniche, come la Royal Bank of Scotland, stanno mettendo a punto piani di emergenza nell'eventualità che possa verificarsi l'impensabile: la fine della Comunità Economica Europea. Anche la regolamentazione degli Stati Uniti sta spingendo le banche americane come Citigroup e altri a ridurre la loro esposizione alla zona euro. In Asia, le autorità di Hong Kong hanno intensificato il loro monitoraggio all'esposizione internazionale di banche straniere e locali alla luce della crisi europea. La crisi si fa sempre più concreta e gli scenari non sono rosei: i mercati internazionali ci guardano con sospetto e cominciano a credere alla "Chiusura Euro". Tuttavia le Banche europee, sebbene stiano studiando piani di messa in sicurezza, non è che siano così agitate, "l'infezione crisi" è abbastanza recente ed è ancora in superficie. Così mentre i mercati internazionali chiedono di far presto, l'Europa prende tempo. Ci sono da rivedere tutte le stime ed i programmi elaborati fino ad ora, quando ancora non si profilava più certa, all'orizzone, la crisi dell'euro. Quello che c'è da dire a questo punto è che il vero debito che ha L'Europa non è solo economico ma bensì politico: è quello di salvaguardare i diritti e gli interessi di tutti i cittadini che fino ad ora hanno fatto sacrifici per questa Unione Europea, in cui hanno creduto e da cui volevano essere protetti proprio guardando agli scenari della globalizzazione. Monti si è preso "otto giorni" e forse sta facendo bene. Ma a memoria popolare "gli otto giorni" si chiedono e si danno prima di un'eventuale licenziamento..... (Bianca Clemente)

domenica 20 novembre 2011

MERCATI E MERCANTI

Si sta parlando talmente tanto di spread, di mercati internazionali, di default mondiale che mi è venuto spontaneo andare a ricercare alcune teorie economiche autorevoli per rinfrescare l’argomento, una specie di disanima diacronica delle varie teorie e loro nascita. Qui riporto un passaggio che a me è sembrato rilevante del pensiero economico. E’ uno scritto desunto e riassunto da Alessandro Roncaglia e Paolo Sylos Labini e mi è parso significativo per capire un po’ meglio i mercati e loro funzionamento. Li voglio condividere con chi ha il piacere i leggere anche queste “pedanterie” elaborate e collocate poi in modo del tutto “semplice”, “elementare” ma forse per questo un po’ più efficace. (B.C.) >> LA NASCITA DELL’ECONOMIA MODERNA - L'EONOMIA PRECLASSICA - > L’economia politica inizia ad essere riconosciuta come disciplina distinta dalle altre scienze sociali assai gradualmente e a partire dalla seconda metà del XVII secolo; solo nella seconda metà del XIX secolo, tuttavia, l’economista viene identificato come una figura professionale autonoma. Naturalmente, cenni più o meno sparsi a problemi oggi ritenuti di competenza egli economisti appaiono già nell’antichità e nel Medioevo. Autori come Diodoro Siculo, Senofonte o Aristotele, ad esempio, discutono alcuni aspetti economici della divisione del lavoro, sostenendo, tra l’altro, che essa permette di raggiungere una migliore qualità del prodotto. Tuttavia per lungo tempo – almeno fino al XVII secolo – i problemi economici sono stati affrontati in modo sostanzialmente diverso da come li si affronta oggi. I filosofi ed i teologi medioevali in particolare, più che tentare di descrivere ed interpretare il modo di funzionamento del sistema economico, si proponevano il compito di fornire indicazioni sul comportamento moralmente più giusto da tenere nel campo dei rapporti economici. Così il problema dell’usura, discuso in tanti scritti, non era quello di spiegare il tasso d’interesse ma quello di giustificare la condanna morale del prestito ed interesse e di individuare le eccezioni a questo rigoroso precetto morale. Analogamente il problema del giusto prezzo riguardava non il tentativo di spiegare perché sul mercato i vari beni venivano scambiati a certi prezzi piuttosto che a prezzi più alti o più bassi, ma il tentativo di fornire ai mercati criteri di condotta. (In questo senso e non come anticipazioni alle successive teorie del valore classica e marginalista, vanno interpretati i riferimenti ai costi di produzione dei beni scambiati, o alla loro scarsità e utilità per l’acquirente, come criteri di riferimento da utilizzare per fissare rapporti di scambio moralmente corretti). Per comprendere il cambiamento intervenuto attorno al XVII secolo nel modo di considerare i problemi economici, occorre ricordare i radicali mutamenti verificatisi nell’organizzazione della vita economica e sociale. Il “mercato” – inteso come scambio di beni contro denaro – indubbiamente esisteva già nell’Atene di Pericle, o nella Roma classica di Cesare. Tuttavia gli scambi coprivano una quota relativamente limitata della produzione complessiva della società (mica era il mercato come è strutturato oggi); inoltre le condizioni in cui si svolgevano i mercati – solo all’aperto - erano caratterizzate dalla massima irregolarità, a causa dell’incidenza dei fattori meteorologici sui raccolti, le difficoltà dei trasporti, la diffusa insicurezza rispetto alla criminalità privata e agli interventi arbitrari delle autorità. Va sottolineata in particolare la portata limitata degli scambi. Non certamente in eccedenza come oggi. Nel Medioevo, infatti, gli scambi sul mercato interessavano principalmente beni alimentari che rientravano nel sopvrappiù (Cfr. Kula 1962). Certo esisteva una rete di scambio di prodotti di “lusso” – spezie, merletti, metalli preziosi – che collegava tra loro aree geografiche molto distanti ma accanto a questa rete era sorta, gradualmente, una rete di rapporti finanziari tra i maggiori centri di scambio, basata soprattutto su “lettere di cambio” che avrà poi grande importanza e sv iluppo nei mercati finanziari successivi. Tuttavia nel Medioevo la vita economica è basata soprattutto sull’autoproduzione e sul consumo diretto che soddisfa direttamente ed in modo rudimentale ed artigianale le necessità di vestiario, mobilio, attrezzature da lavoro. Con l’affermarsi del sistema fabbrica l’autoproduzione perde terreno e gli autoproduttori cominciano a rivolgersi ad altri produttori tramite il mercato per beni specifici. Con l’industrializzazione, dunque, il mercato si impone e si ramifica sulle specialità e si afferma il mercato del mercato ossia la produzione degli strumenti sempre più tecnici e particolareggiati – macchinari ed impianti per imprese specializzate. Inoltre nel Medioevo la vita economica è caratterizzata per assenza di uniformità nei prodotti e nelle unità di misura, mentre a partire dal XVII-XVIII secolo, si afferma un mercato di uniformità di peso, misure e tipicità dei prodotti. Ciò comporterà la conquista dell’unità di misura per i prezzi e le migliori condizioni di domanda ed offerta a determinati prezzi sul mercato. In presenza di una forte variabilità della domanda ed offerta gli autori del Medioevo fanno continui rinvii proprio alla condizione migliore di domanda ed offerta sul mercato (quella che poi diventerà quasi l’unità di misura in seguito come abbiamo visto), ma questi continui rinvii non possono essere considerati un’anticipazione della teoria del prezzo, né tantomeno un’anticipazione della teoria marginalista. Quest’ultima, infatti, come vedremo meglio, individua il prezzo di equilibrio in quel prezzo che assicura l’eguaglianza tra domanda ed offerta del bene; domanda ed offerta, inoltre, sono considerate funzioni (continue e differenziabili) – la prima decrescente e la seconda crescente – del prezzo del bene stesso, ed eventualmente di altre variabili come i prezzi degli altri beni ed il reddito dei consumatori. Nei generici rinvii alle condizioni di domanda ed offerta negli scritti del Medioevo, come i accennava sopra, invece, non è riscontrabile – del tutto comprensibilmente, date le condizioni dell’epoca – alcuna idea di una ben specificata e stabile relazione funzionale tra domanda ed offerta e altre variabili come il prezzo dei beni. I mercati sono quelli diretti delle città portuali e legati a vicende di arrivi o mancati arrivi, condizioni meteorologiche come si diceva innanzi, periodi dell’anno ecc. Viceversa i teorici marginalisti hanno in mente i mercati dei titoli delle borse valori, dove domanda ed offerta variano in risposta a piccole, minute variazioni dei prezzi richiamate dal “funzionario alle grida” o “banditore”. Considerando la variabile tempo a disposizione :-) magari in seguito continuerò queste riflessioni per scritto su queste pagine analizzando proprio le varie teorie dei mercati borsistici passando per l’economia moderna e poi quella attuale ;-)

domenica 13 novembre 2011

TERREMONTI E GRANDI MARONI

TREMONTI HA LASCIATO CADERE IL GOVERNO BERLUSCONI - ANZI HA FAVORITO L'EVENTO - PER RILANCIARE LA LEGA E LA PROPRIA CANDIDATURA A PREMIER, GRAZIE ALL'APPROVAZIONE DEL DL STABILITA'. IN SENATO COLOMBO - CHE NON E' UN PIVELLINO DI PRIMO PELO - IL DECRETO NON LO HA VOTATO. LA CONGIUNTURA FAVOREVOLE E' STATA CHE MARONI QUESTA VOLTA ERA D'ACCORDO PERCHE' ANCH'EGLI ASPIRA ALLA CANDIDATURA A PREMIER. TUTTO IL GRUPPO LEGA CHIEDE LE ELEZIONI SUBITO E MAGARI BERLUSCONI AL QUIRINALE. SIGNORI MIEI SI ESCE DALLA FINESTRA E SI ENTRA DAL PORTONE.... SE MONTI (SENZA IL TRE) NON RIMETTE LA POLITICA SUL GIUSTO BINARIO DELL'IMPEGNO SOCIALE, ALTRO CHE CRISI ... QUI ARRIVIAMO AL LUNGO PERIODO DELLA "GUERRA DELLE ROSE" ... STIAMO ASPETTANDO CON ANSIA I TUDOR

sabato 12 novembre 2011

LA CAPACITA’ DI GOVERNO PASSA PER LA RESPONSABILITA’ DI POLITICHE PER LA CITTADINANZA

Spred o non spred l’Italia soffre di vuoto di governo. Niente può l’ideologia di fronte alle domande di un paese che merita l’orgoglio dello sviluppo, del progresso e della dignità civile ed economica. Io ancora non ho letto il Dl di stabilità – lo ammetto – ma già so dai discorsi parlamentari che non mi piace. Non che questo possa essere rilevante ma da cittadina italiana mi sento portata a contribuire con le mie idee a che il paese esca dai problemi nei quali ci hanno messi i nostri governanti. E quindi il Dl di Stabilità non mi piace anche perché 1)sono 20 anni che questo governo distrugge le strade ed i ponti di tutto il paese, basta considerare che cantieri proliferano dappertutto - ed è l’unico settore che ha ricevuto attenzione e sviluppo. Per il resto 2)la sanità langue se non addirittura è moribonda, 3)l’istruzione è a terra (e meritava un giudizio molto più degno di un paese di cultura millenaria), 4)l’industria – addirittura – lamenta mancanza di attenzione, 5)la pubblica amministrazione è mortificata e caratterizzata da spoil system senza buon senso. 6) I lavoratori operai ed i lavoratori dipendenti sono le categorie su cui ricadono tutte le difficoltà economiche che l’Italia vive e per di più sono anche le categorie più criticate, senza però, che si intavvedano vere, autentiche, sincere politiche di sostegno e/o comprensione delle varie difficoltà. Sono i nuovi schiavi. E potrei continuare ancora a lungo l’elenco ma non voglio tediare più di tanto. Questo tipo di socialismo che ci governa da quasi trent’anni è indecente e questo è il motivo per cui si tirano le monetine e questo è il motivo per cui si alzano le piazze. Banchettare e sorridere quando le condizioni economiche sono tali da impensierire persino un paese come l’America è segno di irresponsabilità e di scarsa capacità di governo. Come lo è stata quando ci si è messi troppo al traino dell’America così come della Francia o della Germania. Non sono nazionalista ma credo che un paese debba essere amato soprattutto dai suoi governanti che dovrebbero essere meno cinici e meno esterofili di quanto non lo siano stati fino ad ora e da 30 anni a questa parte. Confido che s’inverta la rotta istituzionale e si capisca che aprire al walfare, allo stato sociale significa far ripartire l’economia e ridare ossigeno ad un paese ormai in stato comatoso.

martedì 1 novembre 2011

Managing the global market can be by a razzionalizzation of financial markets and a greater appreciation of local currencies

Policies to reduce costs, not only investment, but also and especially in social spending and daily life of citizens could be the cure-or at least the maximum price to the current crisis. The default can and must be managed and driven as any process of governance. Rest of the opinion that a revaluation of the euro as a monetary weight within single countries, in practice, price controls, a reduction in government expenditures rather than directed to services and common goods, work incentives, are small things you can do great things in reality. Are opposed, in my opinion put, excess privatization because then we have to pay - in quality of State - the private activity which could be carried out in the public interests. It 'a practice that may not always work. Finally, I believe that Italy must be strong and resist, but I think it is my hope that this government is absolutely no possibility of the bank to do a complete lack of idea of ​​social policy. The important thing is not to fall into the opposite extreme, and firmly maintain the goal is only to companies to mobilize the market. The task of politics is structured the market. Traduzione : Governare il mercato globale si può con una razzionalizzazione dei mercati finanziari ed una maggiore valorizzazione delle monete locali Politiche di riduzione dei costi, non solo degli investimenti, ma anche e soprattutto della spesa sociale e quotidiana dei cittadini potrebbero essere la panacea o almeno il calmiere all'attuale crisi. Il default può e deve essere gestito e guidato come ogni processo di governance. Resto dell'opinione che una rivalutazione dell'euro come peso monetario all'interno dei singli paesi, in pratica un controllo dei prezzi, una riduzione delle spese statali indirizzate piuttosto ai servizi e beni comuni, incentivi al lavoro, siano piccoli accorgimenti che possono fare grandi cose in realtà. Sono invece contraria, a mio misero parere, all'eccesso di privatizzazione perchè poi ci tocca pagare - in quanto Stato - i privati per un'attività che poteva essere svolta nell'interesse generale. E' una pratica che non può funzionare sempre. Infine ritengo che l'Italia debba farsi forza e resistere, è il mio auspicio ma penso che questo governo non sia assolutamente nella possibilià di fare da argine ad una mancanza totale di idea di politica sociale. L'importante è non ricadere nell'estremo opposto e mantenere fermo l'obiettivo che è solo a società a mobilitare il mercato. Compito della politica è strutturarlo.