martedì 27 agosto 2013

Un po' di storia dei giorni nostri



Per comprendere bene la campagna comunicativa del Partito Democratico, sia in occasione delle primarie 2012 che per le politiche 2013, bisogna fare un passo indietro e ripercorrere la storia del partito stesso. La struttura del PD, originariamente, è stata ideata da Romano Prodi, ex Dc, all'atto della formazione del nuovo soggetto politico, appena 6 anni fa. L'idea era quella di portare avanti l'esperienza del centrosinistra (fine 1960 a tutto il decennio '70) quando si tentò di giungere ad una intesa parlamentare tra Aldo Moro ed Enrico Berlinguer, (allora leaders di spicco rispettivamente della Democrazia Cristiana e dei Comunisti), per facilitare l'unità del paese e lo sviluppo di tutte le componenti sociali. Quella stagione finì in un bagno di sangue e vide poi il lento declino di tutti i partiti tradizionali e il sorgere dell'astro di Berlusconi e di Forza Italia. Ma quella esperienza non era mai stata considerata superata da molti autorevoli esponenti del mondo culturale e politico, sia di centro che di sinistra. Anzi si riteneva dovesse essere ripresa e continuata per arginare la deriva mercantilistica , populista e qualunquista innescata dalle nuove figure politiche emergenti messe in campo proprio da Forza Italia. Fu così che si pensò ad un partito agile, snello, nuovo nei contenuti e nella forma, il PD, verso cui conversero molti esponenti politici convinti che le "vecchie" ideologie non fossero più rispondenti alle necessità di un paese alle soglie del terzo millennio ed ormai autorevole in Europa e che doveva fronteggiare le nuove, pericolose frontiere finanziarie mondiali e l'acuirsi del laissez faire. Lo Statuto del Pd, tra le altre cose, poiché per la "gente" e vicino ad essa, predisponeva l'istituzione di primarie da svolgersi prima nei circoli locali e poi a livello nazionale, per la scelta del Segretario del partito. "Dall'alto verso la base", la formula è risultata maggiormente vincente rispetto all'inverso! Così furono eletti Prodi (Presidente), Veltroni, Franceschini ... alternando alla Segreteria i leaders componenti ora le forze degli ex Ds (Pci), ora quelle degli ex Dc (Democrazia cristiana - Margherita). Ma la Segreteria del Partito Democratico era, ed è tutt'ora, una poltrona scomoda, aperta comunque ai venti della ancora viva contrapposizione tra democratici cristiani e comunisti, al cui centro, nel 1978, ricordiamolo, si consumò il giallo dell'assassinio di Aldo Moro, non ancora chiarito del tutto. Su quella poltrona di Segreteria nessuno ha mai resistito per tutto il mandato pieno, date anche le difficoltà delle relazioni con i partiti alleati: radicali e sinistra radicale. Fino all'avvento della Segreteria Bersani.
Con la Segreteria Bersani le iscrizioni al partito subirono una flessione, a causa del congiunturale, momentaneo, allontanamento dei leaders precedenti, ma la Segreteria resse meglio di altre ed alla fine avrebbe anche potuto riuscire nell'intento dell'amalgama dei due popoli di centro e sinistra, il cuore del PD. Ma forte è stata l'influenza del nodo napoletano sulla dirigenza nazionale, verificatasi anche grazie all'elezione a Presidente della Repubblica di Giorgio Napolitano, napoletano di nascita oltre che di nome. C'è da dire che la Campania, solitamente e tendenzialmente si orientata, nel voto, alla scelta di leaders non popolari da ma di grossa immagine personale, capaci di agglomerare le masse critiche. La qual cosa fà sì che in Campania una vera politica di governo non ci sia e si manifesti piuttosto una forma referenziale di politica di immagine che abbia forti agganci a livello nazionale, e ciò non sarebbe neanche sbagliato se producesse i frutti sperati (ma non è così purtroppo). In Campania, infatti, Berlusconi ha un grosso seguito proprio tra le classi più popolari. Ed è anche per questo che in Campania il Pd ha avuto ed ha grossi problemi a radicarsi, oltre alla atavica caratteristica, propria della regione, di un perdurare ideologico degli "zoccoli duri" un po' di tutti i partiti: dalla Dc, ai Comunisti, all'estrema destra, fino a Forza Italia - vero e proprio partito d'affezione.
E proprio dalla Campania, per inciso, sembra partita, negli ultimissimi tempi, la campagna di smobilitazione del Pd che si concretizza nel governo delle "larghe intese ". Diciamo che sommariamente, come quello scritto fin qui, tutto ha preso l'avvio da un invito a comparire che ricevette Berlusconi nel 1994, recapitatogli da Antonio Di Pietro, proprio durante un comizio a Napoli. "La storia è quella di un invito a comparire – spesso erroneamente scambiato per un avviso di garanzia – recapitato a Silvio Berlusconi il 22 novembre 1994 e annunciato il giorno prima dal Corriere della Sera con un vero e proprio scoop, proprio nei giorni in cui l'allora presidente del consiglio presiedeva una conferenza internazionale sulla criminalità organizzata a Napoli – spesso erroneamente scambiata per il G7 di Napoli, che si tenne qualche mese prima.
Sono le settimane della cosiddetta “inchiesta Telepiù”, condotta dalla procura di Milano e avente come oggetto la proprietà della pay tv e la compatibilità del ruolo di Fininvest con quanto stabilito dalla legge Mammì. Il 5 ottobre 1994 il magistrato Francesco Saverio Borrelli, allora capo della procura di Milano, dichiarò in un’intervista al Corriere della Sera – condotta da Goffredo Buccini, – che l’inchiesta, che aveva già coinvolto Paolo Berlusconi, era arrivata a “livelli altissimi”. E quindi i giornalisti si aspettavano da un momento all’altro una notizia bomba, e i “livelli altissimi” alludevano evidentemente a un possibile coinvolgimento del fratello di Paolo Berlusconi, nonché primo ministro: Silvio Berlusconi".
Quella inchiesta ora è approdata alla condanna definitiva di Berlusconi & co. ed il relativo decadimento dell'interessato dalla carica di parlamentare che deve, così sembra, essere necessariamente votata in Parlamento. L'attuale Parlamento è quello delle "larghe intese", dicevamo, voluto proprio da Giorgio Napolitano, nel frattempo rieletto Presidente della Repubblica,: si tratta di un accordo di programma tra Pd e Pdl causato dal non raggiungimento della maggioranza necessaria ad un governo autorevole (quello del cambiamento di Bersani, bocciato dal M5s, con cui è stato impossibile trovare un accordo) a seguito dell'esito del voto alle ultime politiche 2013, insufficiente per tutti i partiti che ora siedono in Parlamento. Questo accordo rischia di spaccare il Pd, i suoi intenti e le sue idee ispiratrici. Da ciò si evince quale criticità stiamo vivendo politicamente, aggiungendo tra l'altro che allo stato attuale Antonio Di Pietro non è più parlamentare. Il partito che fa capo a lui (Italia dei valori) è stato modificato, come tutti del resto, e l'attuale Sindaco di Napoli, eletto come componente del partito di Antonio Di Pietro, ex alleato Pd, è in grossissime difficoltà, inquisito anch'egli, con la sua Giunta, per fatti gravi di cattiva amministrazione. Per cui se da un lato Berlusconi sembra politicamente "abbattuto" dalla sentenza passata in giudicato, dall'altro lato è avvertibile dalla popolazione più vivo e vitale che mai. "Avvertibile", ecco il punto su cui ha sempre giocato Silvio Berlusconi: un gioco di immagini e specchi, quasi mai rispondente al dato reale. La sua stessa dichiarazione, rilasciata alla stampa proprio nelle ultime ore, lascia intendere il suo tentativo di mantenere alta la confusione: "Io resisto", come se si trattasse di dover resistere ad una battaglia, piuttosto che adeguarsi ad una sentenza. L'obiettivo politico di Berlusconi, dichiarato, è sempre stato la formazione di un partito unico in parlamento e con un premier forte, ossia sganciato dalla fiducia parlamentare, (obiettivo assolutamente opposto a quello prefisso all'atto della creazione del PD). Fin'ora ogni passo compiuto dalla politica sembra orientarsi in tale direzione, comprese alcune "mosse" del Pd, come l'affossamento sia del governo Prodi prima, sia della sua candidatura a Presidente della Repubblica, poi, proprio dopo le politiche di quest'anno. Il clima come si vede non è dei più rosei, le tensioni sono molte e durano da decenni. Certo la demonizzazione dell'avversario politico non produce i frutti sperati ma neanche il favorirlo pedissequamente.
In questo clima, che ha radici antiche, la Segreteria Bersani partì per la campagna per le primarie nel 2012. Forse bisognava aspettarselo un risultato deludente. C'è ancora da aggiungere che il paese non è che non è a conoscenza di questi nodi politici critici che si trascinano ormai da anni, ma non ne tiene conto all'atto del voto. Al momento del voto, e solo in quel frangente, tra i cittadini e tra i politici, c'è un gran fiorire di buonismo e buoni propositi, però puntualmente e sistematicamente disattesi, questa è una caratteristica molto singolare dell'Italia e comune solo a questo paese.