venerdì 29 giugno 2012

Segretario sei l'unica alternativa : rappresenti il #PD

@pbersani : In una ristrutturazione sociale e civile #riscossacivica servono le persone giuste al posto giusto indicate da un partito che aspira a guidare la società e che per questo sceglie gli elementi migliori che possano esprimere quell'intenzione di rinnovamento per cui il partito è stato votato.

mercoledì 20 giugno 2012

LA COMUNICAZIONE PUBBLICA

Solo agli inizi degli anni Novanta al tema della comunicazione pubblica sono state dedicate ed intitolate analisi giuridiche - basti appena ricordare il Rapporto Giannini per la riforma della pubblica amministrazione e l'istituzione della Commissione Nigro ["dal riconoscimento della cittadinanza politica inizia a seguire il riconoscimento della cittadinanza amministrativa" S. Cassese]- nelle quali per lo più si tratta dell'argomento come un ambito pivilegiato per richiamare le problematiche del diritto all'informazione, come "nuovo diritto sociale", oltre che strumento indispensabile per una democrazia compiuta. Il cittadino viene considerato un interlocutore indispensabile nel rapporto con l'autorità. Questi contributi, anche se sporadici, danno il senso di come un passo avanti per la qualificazione del fenomeno della informazione pubblica come comunicazione, ossia come rapporto bidirezionale e paritario, sia compiuto trattando della circolazione delle informazioni che riguardano l'apparato pubblico ed in particolare quello amministrativo. Occorre però da subito avvertire che, se certamente è indispensabile una disamina delle situazioni soggettive coinvolte, sembra invece insufficiente definire la comunicazione pubblica come l'attività con cui i soggetti pubblici diffondono la loro immagine. L'introduzione dell'espressione "immagine", o "immagine globale", interessa solo se connessa al problema più articolato della riconoscibilità delle istituzioni. Dunque non sono solo la "reputazione" o la "visibilità" ad entrare in gioco. E’ il riferimento autorevole e riconosciuto che fa la differenza, il rimando a quell’Ente come tratto distintivo di un’appartenenza in termini culturali e di fonte.

giovedì 14 giugno 2012

L'Italia avrebbe meritato di più

Le politiche per il lavoro in Italia, sono state prevalentemente caratterizzate da poco incentivo alla crescita e allo sviluppo, sostanzialmente molto concentrato in alcuni settori o nicchie. Infatti dal dopoguerra ad oggi sono cresciuti solo alcuni comparti che sono punte di diamante come moda, enogastronomia, motori e turismo. Ma lo sviluppo economico e industriale non è stato omogeneo. Ciò è dipeso in primo luogo dalle diseguaglianze territoriali, certamente ma, anche e soprattutto, dal fatto che la classe imprenditoriale, inizialmente molto timorosa, si è concentrata sulla solidità aziendale(giustamente), ripiegando su se stessa e andando ad utilizzare i settori collaterali di produzione (fornitori di materiali e servizi….) dove via via più conveniva, lasciando al terreno selvaggio l’ambito dell’intermediario. Nè lo Stato Italiano ha fatto molto per correggere questa tendenza limitandosi a tamponare le falle ogni volta che si aprivano con interventi senza alcuna prospettiva di futuro.

Ma la cosa che più di tutte ha segnato l’economia italiana sono le politiche di ”sostegno a pioggia” attuate dagli anni settanta in poi. Politiche che mascheravano la necessità di consensi. Una visione tanto miope ci impedisce oggi di poter vivere di “rendite economiche” persino nelle nicchie di eccellenza.

Assistenzialismo se non addirittura “rilancio al ribasso” (per guadagnare sul debito, tra l’altro, rifinanziando il default senza soluzione di continuità) hanno reso impossibile al nostro paese di godere di quell’ampio, amplissimo, respiro europeo e competitivo come avrebbe a ben ragione meritato. La concorrenza agguerrita dei paesi come Germania, Francia, Inghilterra hanno ulteriormente segnato il passo dell’Italia, che avrebbe meritato molto di più. Il tutto è stato condito dalla poca affezione e passione della classe politica concentrata prevalentemente sull’immediato bisogno di far cassa e suddivisa, frastagliata, più o meno in guppi di potere e/o interesse.

Tweet per rafforzare il legame con i figli

Un'agenzia di marketing inglese - Euro RSCG - ha trovato il tempo per studiare come l'elettronica digitale, i mezzi di comunicazione di Internet ed i social-network stanno influenzando i genitori uomini.
Diviso il numero dei papà in due gruppi denominati Digital Media Dads (papà tecnoligizzati) e Joes (papà in stile vecchio modello), hanno trovato alcune interessanti differenze tra i due gruppi. Per quanto riguarda tweeting, il 43% dei papà digitali (contro solo il 27% dei Joes media) ritengono che la tecnologia digitale e di intrattenimento rende il legame con i figli adolescenti più forte.

mercoledì 13 giugno 2012

Scuola, ecoimpact, trasparenza, technologic ..

Il nodo cruciale della pubblica amministrazione è ormai diventato il capitolo sugli appalti. La trasparenza vi trova il suo impasse, il suo scoglio. Dove si è andato ad infrangere il sogno della Pa efficiente e vicina al cittadino : sulla discrezionalità, sui meccanismi di aggiudicazione, sui crediti, sui debiti, sulle erogazioni, sulle centinaia di miliardi sui quali poggia il sistema di erogazione dei fondi, sui pagamenti degli stipendi ma soprattutto sulle capacità decisionali che avrebbero richiesto una società molto più avanzata delle sue leggi. Il vero iato italiano è tra il tentativo di "altezza" di alcune leggi, delle intenzioni del legislatore e la realtà dei fatti, dell'ambiente, delle persone, del contesto. Leggi e società non vanno d'accordo, non hanno lo stesso passo. Dicevo qualche tempo fa. Ebbene vorrei continuare aggiungendo che tutto questo si può combattere solo con investimenti nella scuola, la quale anderebbe articolata molto meglio di quanto oggi non sia, adeguata ai tempi, alle tecnologie sempre più sviluppate, alla realtà della società sulla quale va e andrà ad incidere il suo più o meno operato di servizio di sviluppo culturale e operativo del paese. Ma soprattutto il rilassamento del sistema economico ed etico del paese, di qualunque paese, si può combattere con investimenti nel settore della ricerca, per la creazione e consolidamento di alcune branche di lavoro e settori sociali, per l'applicazione ed implementazione delle moderne tecnologie, per la velocizzazione dei processi di miglioramento ed efficienza dell'organizzazione civile, per la sostenibilità dell'impatto ecoambientale. Scuola e Ricerca sono assi portanti che possono influire sul miglioramento della PA, sulla sua trasparenza ed effettività d'azione, sulla concretezza e correttezza dei sistemi per il cittadino. Ecco anche perchè è veramente importante premiare il merito. Non si può sempre procedere sull'appiattimento dei settori di specializzazione sui quali fondano la fiducia ed il progresso delle strutture economiche. E' necessario promuovere le naturali tendenze alla specificità, alla passione, all'eccellenza. Ciò però non vuol dire, come si faceva un tempo, lasciare indietro chi non ha naturali abilità, chi non brilla per merito, ciò che non eccelle. E' importantissimo oggi invece che tutti i soggetti, persone, enti, istituzioni, siano coinvolti nel processo di passaggio del nostro mondo verso il terzo millennio che si annuncia molto più problematico dei precedenti ma anche molto più tecnologizzato e per questo molto proiettato verso un futuro di ordine sociale più giusto e più equo per tutti.

lunedì 11 giugno 2012

Prezzi accessibili per moderni servizi energetici è il prerequisito indispensabile per il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile come obiettivo del terzo Millennio.



Fonti nuove e rinnovabili di energia possono svolgere un ruolo cruciale nel fornire il necessario accesso a sistemi di energie ecosostenibili accelerando lo sviluppo economico e sociale, creando nuove opportunità di lavoro, riducendo le emissioni di gas serra, migliorando la qualità della vita. L'aumento della domanda di energia globale richiede maggiore cultura verso la diversificazione energetica mondiale. Queste sono premesse fondamentali per resettare l’ambiente del terzo millennio, già contenute, tra l’altro, anche nella dichiarazione di Stoccolma sottoscritta da tutti i governi mondiali nell’ormai lontano 1972.
Oggi l’utilizzo e la distribuzione capillare di fonti di energie rinnovabili è ancora molto bassa, nonostante il grande potenziale in termini di risparmio economico e ambientale, anche a causa degli alti costi di molte tecnologie connesse per l’erogazione e la fruibilità. E' quindi della massima importanza finanziare la ricerca e lo sviluppo per l’implementazione ed il trasferimento della così detta green economy che senza dubbio può aumentare la competitività economica dei paesi in via di sviluppo e rendere la vita sul pianeta certamente più ecosostenibile. La prossima conferenza sullo sviluppo sostenibile (UNCSD), denominata anche Rio+20, in quanto cade a 20 anni di distanza dal Vertice della Terra di Rio de Janeiro UNCED del 1992, dovrà certamente fare i conti con, da un lato, la necessità di favorire politiche in grado di stimolare la richiesta di energie alternative, attraverso investimenti pubblici e privati a livello locale, nazionale e internazionale e quindi incoraggiare partenariato pubblico-privato e la cooperazione internazionale, dall’altro lato, però, dovrà tenere conto della forte crisi economica che sta attraversando ogni angolo del pianeta.

L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1997, risoluzione 62/197, ribadì la necessità dell’attuazione del piano sottoscritto nel Vertice mondiale sullo Sviluppo Sostenibile (Piano di attuazione di Johannesburg) nel quale si incoraggiavano anche iniziative volte a promuovere l'accesso all'energia alternativa per i paesi più poveri migliorando così l'efficienza energetica e la conservazione umana e ambientale utilizzando un mix di tecnologie disponibili. L'Assemblea riconobbe, inoltre, il contributo notevole delle fonti nuove e rinnovabili di energia per la riduzione dei gas a effetto serra e per affrontare il cambiamento climatico. Un "New Deal verde" globale potrebbe essere un modo molto promettente verso una futuro sostenibile anche dal punto di vista della sicurezza economica, sociale e ambientale. Un tale accordo globale dovrebbe comprendere pacchetti nazionali di sostegno "verde" in paesi sviluppati e in via di sviluppo, puntando in particolare a quelli più poveri e vulnerabili, anche per prevenire la contrazione delle loro economie, e favore il coordinamento delle politiche internazionali e dei programmi di collaborazione tra i governi mondiali.
‘Le attività umane stanno avendo un impatto crescente sulla integrità degli ecosistemi che forniscono risorse e servizi essenziali per il benessere umano e attività economiche. La gestione della base di risorse naturali in modo sostenibile ed integrato è essenziale per lo sviluppo sostenibile. A questo proposito, per invertire l'attuale tendenza al degrado delle risorse naturali il più presto possibile, è necessario attuare strategie che dovrebbero includere obiettivi adottati a livello nazionale e, se del caso, a livello regionale per la protezione degli ecosistemi e per realizzare una gestione integrata del suolo, risorse idriche e di vita, rafforzando nel contempo le capacità regionali, nazionali e locali. Questo comprende azioni a tutti i livelli’.
E’ il contenuto di uno degli enunciati fondamentali dell’Agenda Mondiale 21 stilata a Rio de Janeiro nel 1992 dai paesi allora aderenti. Si attende ora l’esito del vertice in programma sempre a Rio de Janeiro a partire dal prossimo 20 giugno, per risoluzioni e decisioni ormai non più procrastinabili.
Bianca Clemente

sabato 9 giugno 2012

Ecologia: maglia rosa al Molise nella produzione rifiuti


“Pensare ecologico” “Green economy” “Ecologicando” sono solo tre e esempi delle terminologie entrate nel linguaggio comune. L’ambiente ci assilla perché siamo ormai consapevoli di vivere in un sistema altamente inquinato. Invertire il trend verso un’organizzazione di vita più ecologica e compatibile con l’ambiente è complicato oltre che dispendioso. Il dato più rilevante è che crescono i rifiuti urbani,senza soluzione di continuità, soprattutto perché aumenta la popolazione ma non aumentano le politiche di smaltimento e raccolta differenziata. E’ il primo dato del 'rapporto rifiuti urbani' dell'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale): i rifiuti urbani raggiungono nel 2010 i 32,5 milioni di tonnellate, l'1,1% in più rispetto all'anno precedente. La crescita della produzione di spazzatura, fa notare l'Ispra, è ''in controtendenza rispetto alla leggera contrazione degli anni passati''.
L’incremento maggiore è delle regioni del Centro con un più 1,9%, seguite da quelle Settentrionali con più 1,3%, poi le Meridionali (più 0,4%). Eppure la Campania, osserva l'Ispra, ''da tempo è tra le regioni italiane maggiormente in difficoltà, produce 478 kg a testa di rifiuti solidi (più 11 kg sul 2009).
Nelle regioni centrali ogni abitante ha prodotto nel 2010, 9 kg di rifiuti in più rispetto all’anno precedente. Prima per produzione pro-capite è l'Emilia Romagna con 677 kg, un dato che la dice lunga sul momento difficile che sta vivendo la nostra bellissima regione; segue la Toscana (670 kg a testa), la Val D'Aosta (623 kg), la Liguria (613 kg) e il Lazio (599 kg). La maglia rosa dell’eccellenza va, udite udite, al Molise. Con i suoi 413 kg di rifiuti a testa registra un calo di 13 kg in meno sul 2009). Invece i Lucani hanno la produzione più bassa con 377 kg pro-capite. Il fenomeno è esponenziale e sta deflagrando anche a causa dell'eccessivo incremento demografico concentrato in alcuni luoghi e capoluoghi. Basterebbe andare a controllare il trend di costruzione di case per individuare dove insiste la cattiva gestione dei rifiuti. Le politiche da attuare sono quelle di una più razionale redistribuzione dei siti abitativi pensati logicamente unitamente ad una ben organizzata raccolta dei rifiuti oltre ad una attenta gestione della differenziata, magari da attuare con il porta a porta.
Quanto agli inceneritori, che pure hanno una loro utilità strategica e gestionale, al 2010 gli impianti di incenerimento operativi sono 50, per 5,2 milioni di tonnellate bruciate (16,1% del totale dei rifiuti prodotti). Il 56% di questi sono al nord, in particolare, in Lombardia (13 impianti) e Emilia Romagna (8 impianti). Al centro operano in totale 13 impianti, 9 al sud. In Campania ce ne sono almeno 2 ma non sono operativi o a pieno regime.
La raccolta differenziata nel 2010 è stata di 189 kg per abitante. Mentre il nord sfiora il 60%, il centro e il sud sono a quota sopra il 30%: il Lazio è al 16,5%.
Il Veneto è la regione più attiva nella differenziata, con una percentuale del 58,7% (+1,2% sul 2009), seguita dal Trentino Alto-Adige (57,9%) e dal Piemonte (50,7%).
Al centro prima le Marche con 39,2% (+9,5%); segue la Toscana (36,6%, +1,4%), l'Umbria (32%) e il Lazio (16,5%).
Al sud, in Campania la differenziata arriva al 32,7% , con picchi oltre il 50% a Salerno e ad Avellino, le provincie in tal senso più virtuose su tutto il territorio nazionale; la differenziata a Napoli città ha raggiunto il 26,1% (+1,7 sul 2009).
Al nord sono riciclati 262 kg per abitante, 166 kg al centro e i sud ''per la prima volta'' supera i 100 kg a testa sul dato complessivo. Questi pochi dati dovrebbero far riflettere sulle priorità d'intervento a capo del governo locale e/o nazionale.
Ma parlare di ecologia non vuol dire solo un attento, anzi direi attentissimo, occhio ai rifiuti, e relative problematiche, vuol dire soprattutto cultura e cambio di mentalità. Non basta andare in bicicletta, cosa assolutamente salutare e da perseguire in tutti i modi, vuol dire cominciare a considerare di cambiare lo stile di vita individuale andando ad incidere sulle fasce d’età e possibilità per ciascuno di assumere atteggiamenti più “ecocompatibili” : un anziano non può andare in bicicletta, non la maggior parte almeno, e avrà difficoltà a modificare molte abitudini; stessa cosa per la lavoratrice o il lavoratore che deve raggiungere il posto di lavoro magari a lunga distanza, lo stesso vale per il giovane che può risultare poco attento alla differenziazione dei rifiuti. E’ un problema di convinzione e educazione. Nel microsociale vale ancora e molto il fattore cultura e scuola. I macro problemi, invece, possono essere risolti con le politiche governative come: maggiore attenzione ai cicli di smaltimento delle imprese, più incentivi al fotovoltaico ed alle tecnologie per eliminare tutti quei passaggi di produzione inquinanti.
Riconversione, coinvolgimento, sviluppo di sistemi alternativi sono ormai imprescindibili nel moderno mondo post-post-industrializzato.


mercoledì 6 giugno 2012

TWITTER SENZA DELEGA

Mentre l’America guidata dal tecnologico-democratico Obama, tenta il tutto per tutto per il controllo dei social network, percependone le potenzialità come un segugio da transistors, e si prepara al World Conference on International Telecomunications di Dubai, la Russia, l’Onu ed in genere l’Europa cercano di attenuare l’importanza e le mire espansionistiche della rete delle reti, non potendone riconoscere l’importanza fondamentale nel moderno mondo globalizzato. Alle economie europee, ai mercati finanziari, ai consolidati regimi di potere, Internet in genere fa paura : è sfuggevole, ancora molto, e ciò non va bene. La politica, nonostante i notevoli passi in avanti, non cavalca bene l’onda lunga della comunicazione via web2.0. Non riesce a padroneggiare la nuova comunicazione perchè sovverte i vecchi equilibri di potere, richiede un cambio di passo e di linguaggio. Trasparenza un tempo era considerata un’attitudine da praticare con parole in chiaro attraverso un codice di comune comprensione, che poi il politico cercava, invece, di mascherare per assumere un linguaggio specialistico al fine di lasciarsi spazi di manovra ideale per modificare all’occorrenza, per qualunque evenienza, l’enunciato. (Ciò che negli ultimissimi tempi si fa con le leggi, in pratica!)
Internet, invece, se da un lato richiede chiarezza d’idee ed una, seppur minima, cultura di fondo, dall’altro usa un linguaggio criptato che pochi esperti ancora padroneggiano.
A fronte di questa verità ve n’è un’altra che rende la rete ancora un oscuro oggetto di desiderio da guardare con occhio critico: insiste nella parzialità e parcellizzazione di nicchie e settori. Piccoli o comunque ridotti, gruppi d’interesse divisi per aree tematiche e professionali che non fanno la totalità dei consensi. Dall’organizzazione si passa alla metodologia sistemica: una fatica non a tutti gradita.
Twitter, come facebook, come altri social network, sono piazze, di più o meno piccoli paesi, dove tutti partecipano ma dove non vi è un vero referente politico intermediario, le idee che ne vengono fuori sono idee di cittadini e di politici dai connotati lobbistici. Nessuno prende il sopravvento su nessuno perché non esiste un potere decisionale, un arbirtro per le controversie. Il social network è ancora fuori dall’organizzazione politica e non è ancora capillare mentre la politica permane nella sua autoreferenzialità, insiste sul problema degli accordi tra parti in causa da non specificare nei minimi dettagli: non si può lasciar decidere a twitter o fb, la politica perderebbe il controllo.