sabato 9 giugno 2012

Ecologia: maglia rosa al Molise nella produzione rifiuti


“Pensare ecologico” “Green economy” “Ecologicando” sono solo tre e esempi delle terminologie entrate nel linguaggio comune. L’ambiente ci assilla perché siamo ormai consapevoli di vivere in un sistema altamente inquinato. Invertire il trend verso un’organizzazione di vita più ecologica e compatibile con l’ambiente è complicato oltre che dispendioso. Il dato più rilevante è che crescono i rifiuti urbani,senza soluzione di continuità, soprattutto perché aumenta la popolazione ma non aumentano le politiche di smaltimento e raccolta differenziata. E’ il primo dato del 'rapporto rifiuti urbani' dell'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale): i rifiuti urbani raggiungono nel 2010 i 32,5 milioni di tonnellate, l'1,1% in più rispetto all'anno precedente. La crescita della produzione di spazzatura, fa notare l'Ispra, è ''in controtendenza rispetto alla leggera contrazione degli anni passati''.
L’incremento maggiore è delle regioni del Centro con un più 1,9%, seguite da quelle Settentrionali con più 1,3%, poi le Meridionali (più 0,4%). Eppure la Campania, osserva l'Ispra, ''da tempo è tra le regioni italiane maggiormente in difficoltà, produce 478 kg a testa di rifiuti solidi (più 11 kg sul 2009).
Nelle regioni centrali ogni abitante ha prodotto nel 2010, 9 kg di rifiuti in più rispetto all’anno precedente. Prima per produzione pro-capite è l'Emilia Romagna con 677 kg, un dato che la dice lunga sul momento difficile che sta vivendo la nostra bellissima regione; segue la Toscana (670 kg a testa), la Val D'Aosta (623 kg), la Liguria (613 kg) e il Lazio (599 kg). La maglia rosa dell’eccellenza va, udite udite, al Molise. Con i suoi 413 kg di rifiuti a testa registra un calo di 13 kg in meno sul 2009). Invece i Lucani hanno la produzione più bassa con 377 kg pro-capite. Il fenomeno è esponenziale e sta deflagrando anche a causa dell'eccessivo incremento demografico concentrato in alcuni luoghi e capoluoghi. Basterebbe andare a controllare il trend di costruzione di case per individuare dove insiste la cattiva gestione dei rifiuti. Le politiche da attuare sono quelle di una più razionale redistribuzione dei siti abitativi pensati logicamente unitamente ad una ben organizzata raccolta dei rifiuti oltre ad una attenta gestione della differenziata, magari da attuare con il porta a porta.
Quanto agli inceneritori, che pure hanno una loro utilità strategica e gestionale, al 2010 gli impianti di incenerimento operativi sono 50, per 5,2 milioni di tonnellate bruciate (16,1% del totale dei rifiuti prodotti). Il 56% di questi sono al nord, in particolare, in Lombardia (13 impianti) e Emilia Romagna (8 impianti). Al centro operano in totale 13 impianti, 9 al sud. In Campania ce ne sono almeno 2 ma non sono operativi o a pieno regime.
La raccolta differenziata nel 2010 è stata di 189 kg per abitante. Mentre il nord sfiora il 60%, il centro e il sud sono a quota sopra il 30%: il Lazio è al 16,5%.
Il Veneto è la regione più attiva nella differenziata, con una percentuale del 58,7% (+1,2% sul 2009), seguita dal Trentino Alto-Adige (57,9%) e dal Piemonte (50,7%).
Al centro prima le Marche con 39,2% (+9,5%); segue la Toscana (36,6%, +1,4%), l'Umbria (32%) e il Lazio (16,5%).
Al sud, in Campania la differenziata arriva al 32,7% , con picchi oltre il 50% a Salerno e ad Avellino, le provincie in tal senso più virtuose su tutto il territorio nazionale; la differenziata a Napoli città ha raggiunto il 26,1% (+1,7 sul 2009).
Al nord sono riciclati 262 kg per abitante, 166 kg al centro e i sud ''per la prima volta'' supera i 100 kg a testa sul dato complessivo. Questi pochi dati dovrebbero far riflettere sulle priorità d'intervento a capo del governo locale e/o nazionale.
Ma parlare di ecologia non vuol dire solo un attento, anzi direi attentissimo, occhio ai rifiuti, e relative problematiche, vuol dire soprattutto cultura e cambio di mentalità. Non basta andare in bicicletta, cosa assolutamente salutare e da perseguire in tutti i modi, vuol dire cominciare a considerare di cambiare lo stile di vita individuale andando ad incidere sulle fasce d’età e possibilità per ciascuno di assumere atteggiamenti più “ecocompatibili” : un anziano non può andare in bicicletta, non la maggior parte almeno, e avrà difficoltà a modificare molte abitudini; stessa cosa per la lavoratrice o il lavoratore che deve raggiungere il posto di lavoro magari a lunga distanza, lo stesso vale per il giovane che può risultare poco attento alla differenziazione dei rifiuti. E’ un problema di convinzione e educazione. Nel microsociale vale ancora e molto il fattore cultura e scuola. I macro problemi, invece, possono essere risolti con le politiche governative come: maggiore attenzione ai cicli di smaltimento delle imprese, più incentivi al fotovoltaico ed alle tecnologie per eliminare tutti quei passaggi di produzione inquinanti.
Riconversione, coinvolgimento, sviluppo di sistemi alternativi sono ormai imprescindibili nel moderno mondo post-post-industrializzato.


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