giovedì 14 giugno 2012

L'Italia avrebbe meritato di più

Le politiche per il lavoro in Italia, sono state prevalentemente caratterizzate da poco incentivo alla crescita e allo sviluppo, sostanzialmente molto concentrato in alcuni settori o nicchie. Infatti dal dopoguerra ad oggi sono cresciuti solo alcuni comparti che sono punte di diamante come moda, enogastronomia, motori e turismo. Ma lo sviluppo economico e industriale non è stato omogeneo. Ciò è dipeso in primo luogo dalle diseguaglianze territoriali, certamente ma, anche e soprattutto, dal fatto che la classe imprenditoriale, inizialmente molto timorosa, si è concentrata sulla solidità aziendale(giustamente), ripiegando su se stessa e andando ad utilizzare i settori collaterali di produzione (fornitori di materiali e servizi….) dove via via più conveniva, lasciando al terreno selvaggio l’ambito dell’intermediario. Nè lo Stato Italiano ha fatto molto per correggere questa tendenza limitandosi a tamponare le falle ogni volta che si aprivano con interventi senza alcuna prospettiva di futuro.

Ma la cosa che più di tutte ha segnato l’economia italiana sono le politiche di ”sostegno a pioggia” attuate dagli anni settanta in poi. Politiche che mascheravano la necessità di consensi. Una visione tanto miope ci impedisce oggi di poter vivere di “rendite economiche” persino nelle nicchie di eccellenza.

Assistenzialismo se non addirittura “rilancio al ribasso” (per guadagnare sul debito, tra l’altro, rifinanziando il default senza soluzione di continuità) hanno reso impossibile al nostro paese di godere di quell’ampio, amplissimo, respiro europeo e competitivo come avrebbe a ben ragione meritato. La concorrenza agguerrita dei paesi come Germania, Francia, Inghilterra hanno ulteriormente segnato il passo dell’Italia, che avrebbe meritato molto di più. Il tutto è stato condito dalla poca affezione e passione della classe politica concentrata prevalentemente sull’immediato bisogno di far cassa e suddivisa, frastagliata, più o meno in guppi di potere e/o interesse.

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