domenica 11 dicembre 2011

FRANCESCO REMOTTI COME LUIGI PIRANDELLO

La costruzione dell’io personale, sin dai suoi primissimi approcci alla vita, ossia sin dai primi vagiti, è un processo lento e mutevole, in continuo conflitto con se stesso e con l’esterno: tutto l’esterno al di fuori della propria pelle. E’ una costruzione continua che non potrebbe avvenire senza questo confronto. Da Searle a Tajefel passando per Freud, siamo tutti d’accordo con Pirandello: l’io è una città, l’ambiente in cui è immerso è tutto il resto del mondo. Ciò implica svariate conseguenze. Ho letto l’interessantissimo articolo di Francesco Remotti – ordinario di antropologia all’università di Torino – scritto per la rivista Tam Tam del Partito Democratico. Riprende le parole di Pirandello in Uno Nessuno e Centomila. Ognuno di noi è unico ma in relazione con gli altri diventa mille altre persone diverse che assumono identità diverse a secondo di come ci vedono ed interpretano gli altri. E’ così che avviene la costruzione della società. Quell’io interpretato attirerà emulatori o oppositori originando gruppi sociali che finiranno per definire delle identità convergenti od opposte o ancora oppositive. Si formerà un’opinione pubblica – come insegna Habermas- e si genereranno dei partiti. Tutto ciò da un semplice, elementare vagito. Una base così articolata richiede due sole azioni : identità ed alterità. Ma è la fase più infantile della maturità sociale. Una società con un grado di cultura appena più elevato – una società “moderna” ossia riformata nei suoi riti antropologici – una società “illuminata”, moderna, industrializzata, scientifica, con un avanzato stadio di conoscenza, sa che esistono altre azioni nelle implicazioni relazionali oltre allo status quo ed allo Stato de quo ma non è certa di volersi aprire a queste implicazioni. Passa il tempo ed arriviamo ad una società tecnologizzata, in continua relazione di rete, consapevole delle varie etnie, culture, usi e costumi, in grado di discernere il presente dal passato e dal futuro, è la post modernità, è la società liquida di Bauman. Questa società non ha solo la conoscenza dell’altro, diverso dal sé, ne ha la consapevolezza. Ossia ha appreso la realtà della non identità attraverso il gioco relazionale, superando la difficoltà del rapportarsi attraverso la creazione della categoria della somiglianza. Non per associazione di idee ma attraverso l’esclusione delle identità. In questo caso l’esclusione non è escludente. E mi spiego: in una classe sono compresi un bambino bianco europeo, un bambino con disabilità ed un bambino nero originario dell’Africa. Ad ognuno di loro verrà fornito uno strumento importantissimo per rapportarsi con la diversità del soggetto diverso a lui ma di fronte a lui necessariamente e con il quale dovrà convivere: escludere tutti gli elementi che non li accomunano per inglobarli nella categoria della somiglianza. Tutto ciò che non è uguale è simile. Tutto ciò che non c’è nell’altro è sostituito e sostitutivo. Si parte dalla pelle, la sensazione più immediata. Il bambino bianco penserà : il bimbo nero ha un colore di pelle diversa, lo escludo dalla identità ma la sua pelle per definizione allora mi somiglia. Lo stesso discorso che farà all’inverso il bimbo nero. Poi il bimbo “europeo” penserà al bimbo con disabilità e lo vedrà simile ma non proprio uguale e capirà che ha necessità di supporti per fare operazioni a lui più semplici, capirà che nella struttura a lui difronte c’è una velocità in meno e tenderà a sostituirla con la propria velocità e la chiamerà solidarietà. Così similitudine e solidarietà sostituiranno le categorie di identità ed alterità. E così la società liquida della post-modernità ricostruisce le relazioni tipiche del suo tempo. L’uomo vede la donna. Non è più la donna tipica della struttura mentale dei propri genitori, è un’altra donna. Meno introspettiva più proiettata verso l’esterno, con maggiori relazioni. E’ più in gioco nel gioco delle parti. E per questo più coraggiosa, forse meno maliziosa, sicuramente meno “furbescamente” in ombra. Più attiva e partecipativa, più consapevole e più scolarizzata. A volte anche con un elevatissimo grado culturale. A volte è sostitutiva a volte sostituita, a ragione o a torto, esattamente come altri suoi amici uomini che sono a volte sostitutivi a volte sostituiti. Ciò vuol dire che la donna è non è identica ma simile. E’ il pensiero solidale che si fa strada. Questa base è un canovaccio per ricostruire ogni tipo di relazione dell’inizio del terzo millennio. Tutti possono dare una mano con somiglianza e solidarietà. Non è pericoloso. Non più del nazionalismo. Con la differenza che la somiglianza e la solidarietà preservano la tipicità e l’utilità della identità personale e culturale. Potrebbe essere più semplice di quanto si pensi. Sono alcuni assunti del Neo Umanesimo. Qui ed ora è il suo tempo. Ho seguito un bellissimo convegno sul Neo Umanesimo ultimamente. Si è svolto a Napoli. Organizzato dal Pd Regione Campania. Tra gli autorevoli presenti Massimo D’Alema, Francesco Paolo Casavola, Teresa Armato e Monsignor Coda. La discussione è stata bellissima ma quello che più di tutto ha attratto molto la mia attenzione è stato il focus incentrato da Monsignor Coda – uomo evidentemente di grande cultura – sull’alterità. Per lui l’alterità è l’oltre. Oltre il sé c’è l’altro non per marcare un confine invalicabile ma per comprendere una somiglianza che ci spinge oltre i confini della nostra città interiore e ci apre alle infinite possibilità di una cultura oltre l’uomo – nel senso di genere umano – per ricomprendere tutti gli uomini diciamo – anzi dico io – in senso generazionale. E’ chiaro che Monsignor Coda intendesse il pensiero filosofico della “transumananza” come passaggio verso lo spirito, verso l’Io Superiore. Meno religiosamente, molto più terrenamente e modestamente, io applicherei questo passaggio verso l’apertura sull’Uomo solidaristicamente come passaggio verso la somiglianza (che comunque è sempre un concetto cristiano improntato al buon senso come ben sentire, buona disposizione d’animo, amore verso il prossimo “simile” all’amore di Dio verso gli uomini, tutti gli uomini. Sono superate così le barriere dei fondamentalismi e delle chiusure identitarie. Facendo contenti Remotti, Tajefel, Searle, Bauman e Freud! Bianca Clemente

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