martedì 17 luglio 2012

IMPEACHMENT

L'impeachment è un istituto di origine inglese il cui significato oscilla tra "accusa/stato d'accusa" e "imputazione". Nel nostro ordinamento è preisto dall'art.90 della Costituzione. In sostanza si basa sulla previsione di tutela della comunità tutta sul territorio nazionale contro atti lesivi posti in essere da altre cariche dello Stato. Ma la previsione dell'impeachment - il cui termine può anche riferirsi a"blocco" - può partire anche in vista di un impedimento di un'alta carica istituzionale qualora questa non sia in grado più di esercitare le sue funzioni. E', dunque, proprio questo istituto di impeachment che può generare la difesa e la tutela della "persona istituzionale" qualora sia oggetto di "attacchi politico-giurisdizionali"
Il 4 dicembre1991 l'allora segretario del pds Achille Occhetto, varcò il Rubicone dello scontro con il Quirinale, votando e facendo votare l'impeachment contro l'allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. "Il presidente della Repubblica ha violato il dovere costituzionale dell' imparzialità e ha teso ad estendere le proprie prerogative a danno di quelle di altri poteri costituzionali" - così si leggeva nella nota consegnata ai Presidenti di Camera e Senato.
Ma per "onestà" d'informazione si riporta l'articolo dei Repubblica di allora :

Occhetto ha avuto il via libera. A maggioranza, riproponendo gli stessi schieramenti che si erano fronteggiati a Botteghe Oscure, i gruppi parlamentari del Pds hanno approvato la richiesta di impeachment del capo dello Stato. Con i sì di 104 deputati e di 44 senatori, e i no, nel complesso, di 37 parlamentari dell' area riformista. Astenuta la senatrice Gianna Schelotto, mentre Francesco Macis, presidente del comitato per i procedimenti d' accusa, non ha partecipato alla votazione "per motivi di opportunità". Un voto scontato dopo una discussione sofferta. E segnato al Senato dal sospetto di un clamoroso caso di spionaggio. A dispetto della segretezza della riunione, infatti, i cronisti in sala stampa hanno potuto ascoltare "in diretta" il succedersi degli interventi pro e contro la messa in stato d' accusa del presidente della Repubblica. E questo, nonostante che i tecnici del Senato non avessero attivato i meccanismi che regolano gli apparati di ascolto a circuito chiuso. Un mistero, che a tarda sera, nell' ambito dell' inchiesta subito disposta da Giovanni Spadolini su richiesta del gruppo Pds, avrebbe trovato la sua soluzione nella scoperta di un congegno elettronico in grado di trasmettere il dibattito scavalcando la centralina rimasta inattiva e chiusa a chiave in un apposito armadio. E' un motivo di tensione in più nel giorno che ha visto il Pds varcare il Rubicone dello scontro con il Quirinale. E già oggi, al comitato per i procedimenti d' accusa, i commissari della Quercia preannunceranno l' arrivo della denuncia: le 40 cartelle che dopo una "ripulitura giuridico-linguistica" - spiegano a Montecitorio - verranno presentate ai presidenti di Camera e Senato, illustrando la "concatenazione logica e temporale" di atti e comportamenti di Francesco Cossiga "volti intenzionalmente" a modificare la forma di governo. E che nel suo insieme configura - conclude il documento - il reato di attentato alla Costituzione. Non è stata, e non poteva esserlo, una scelta indolore. E per questo Achille Occhetto è andato di persona a difenderne le ragioni all' assemblea dei deputati della Quercia, ribadendo la necessità, per Botteghe Oscure, di assumersi le proprie responsabilità. Prima di lui, era toccato a Giulio Quercini illustrare ai colleghi di gruppo il testo messo a punto poche ore prima. Un dispositivo molto articolato, segnato dall' affermazione che "il presidente della Repubblica ha violato il dovere costituzionale dell' imparzialità e ha teso ad estendere le proprie prerogative a danno di quelle di altri poteri costituzionali". Il "senatore Cossiga" - ha detto Quercini - ha aperto "una crisi istituzionale gravissima, dominata dal pericolo di cambiamento della forma di governo con mezzi non consentiti dalla Costituzione". E per questo il Pds ha imboccato "la via prevista dal nostro ordinamento per affrontare tali situazioni di pericolo, il ricorso all' articolo 90 della Costituzione". Emerge, nel documento presentato da Quercini e Pecchioli, la preoccupazione di sfuggire alla contestazione dell' illegalità dei singoli atti di Cossiga, che è il cuore degli attacchi di questi giorni al Pds, ma anche delle contestazioni di merito dei riformisti di Napolitano. Così la ricostruzione puntigliosa degli atti di Cossiga si intreccia con la sottolineatura che è stato lo stesso capo dello Stato a inquadrare i suoi comportamenti in una strategia, nel disegno esplicitato di preparare un cambio di regime, di aprire anche a colpi di piccone la strada ad un' altra repubblica. In un modo tanto irrituale da spingere lo stesso presidente ad affermare - ricorda il documento, citando un passo di "Cossiga uomo solo" - che "in un paese normale mi avrebbero da tempo mandato a quel paese". Non è bastato questo a convincere i deputati riformisti. La "destra" ha riproposto i suoi dubbi giuridici, ma ha insistito soprattutto sulla portata politica dell' "errore" attribuito ad Occhetto. Non si tratta - ha ammonito Napolitano - di denunciare i rischi di isolamento, su cui farebbe comunque premio la certezza di aver imboccato la strada giusta. Per metter fine davvero ai "comportamenti inaccettabili" del capo dello Stato, sarebbe stato più efficace sforzarsi di costruire anzitutto un arco di forze parlamentari in grado di indurre Cossiga a prendere atto dell' inevitabilità delle sue dimissioni. Alla prova del voto, il no dei riformisti è rimasto tale. Ma Occhetto non ha nascosto di aver "apprezzato" l' intervento di Napolitano, che è tornato a mettere la sordina alle voci su possibili gesti clamorosi della sua area al momento del confronto parlamentare. Il leader del Pds ha sottolineato l' unità di fondo del suo partito, e ha fatto suo l' appello di Napolitano alla "sensibilità" delle forze politiche democratiche "perché si possa risolvere questo problema prima che si entri nella fase decisionale della procedura di messa in stato d' accusa. Chi dice che c' è un' altra via - ha concluso - batta un colpo: ci dica qual è". Mentre alla Camera ci si contava già, a Palazzo Madama l' attenzione era ancora sul "mistero" che ha permesso ai cronisti di sentire Ferdinando Imposimato imputare a Cossiga il rifiuto di testimoniare su Gladio, e Luciano Lama giustificare il suo no avvertendo che Cossiga meriterebbe comunque l' impeachment "non una, ma dieci volte". In sala stampa, girando le manopole delle loro scrivanie, i giornalisti si sono accorti che uno dei sei canali del circuito audio interno trasmetteva, a sorpresa, la discussione "segreta" su Cossiga: una vera "diretta", ma a basso volume, come per effetto di un contatto con un canale attivo. Mentre i coleghi riempivano i taccuini, un giornalista della Dire ha avvisato Tonino Tatò, di quello che stava succedendo, e il direttore dell' agenzia del Pds ha telefonato a sua moglie, la vicepresidente del Senato Giglia Tedesco, che la riunione "segreta" non lo era più. Immediatamente, il capogruppo Ugo Pecchioli ha chiesto a Spadolini l' apertura di un' inchiesta. E a fine riunione, i tecnici hanno compiuto un primo sopralluogo nell' aula della commissione Difesa, prestata nell' occasione al Pds. Di lì a poco, la scoperta della microspia. Chi c' era ad ascoltare? E' difficile dirlo. Ma a Palazzo Madama il dubbio è che in linea ci fosse il Grande Fratello.
STEFANO MARRONI

A volte la storia d'Italia è un pò strana ....

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