domenica 22 luglio 2012

Quando la teoria delle aspettative razionali si trasforma in psicoeconomia finanziaria, il brivido segreto degli analisti istituzionali.

Nei paesi dove ha avuto luogo, il processo di sviluppo ha portato con sé cospicui benefici. Purtroppo tra questi paesi non possiamo annoverare l’Italia, se non per settori e nicchie che pur tendono a “svuotarsi”. C’è da aggiungere che il processo di sviluppo ha avuto, e sta avendo, in tutti i paesi, rilevanti costi in termini di valori, in termini economici ed in termini umani. Ad una crescita vertiginosa della produzione industriale – anni 70/80 – si è registrata una costrizione inesorabile al ribasso dovuta soprattutto alla disillusione che ha fatto seguito alle inappropriate politiche di incentivi e sostegno, soprattutto in Italia. A ciò si sono affiancati i temi ecologici, i problemi connessi al ciclo dei rifiuti industriali ed urbani, l’etica politica, l’aumento della popolazione mondiale ed infine lo scardinamento dei confini geografici per effetto dei mercati e delle tecnologie informatiche. Ha lentamente preso piede il termine “sviluppo sostenibile” ossia come avanzare nel progresso sociale, economico e tecnico-industriale senza danneggiare l’ambiente e la vita. Le questioni principali dello sviluppo sostenibile riguardano il conflitto tra interessi privati ed interessi pubblici, tra Mercato e Stato, tra economia e morale e tra morale e politica. Tutto ciò potrebbe anche far evidenziare che la democrazia è fragile, come si dice da più parti, ossia troppe possibilità annullano le possibilità. In realtà la democrazia è fragile nella misura in cui sono “fragilmente democratici” coloro che governano la democrazia. Per “fragilmente democratici” non s’intende solo una categoria ideologica, bensì un convincimento intimo circa l’opportunità di equilibrare l’asse delle scelte sulla linea delle pari opportunità, senza nulla sottrarre a meriti ed esperienza. Solo quando le scelte saranno indirizzate verso l’inclusione generale, solo quando si allontaneranno dall’esclusione parziale, e nel far questo si renderanno effettive ed efficaci, solo allora si potrà parlare di vera e compiuta democrazia. Ma al di là di questo fatto molti vuoti della democrazia e di conseguenza molte falle della economia, come della finanza, dipendono dal fatto che non sono scienze sperimentabili, non esistono laboratori dove possono essere stilati paradigmi assiomatici. La finanza e soprattutto certa economia, sono spesso imprevedibili e tendono piuttosto a sollecitare comportamenti e reazioni in base ad aspettative e finalità. Quindi si assiste ad una sorta di bipolarizzazione: da un lato troviamo modelli astratti basati su aspettative ipotetiche in genere di lungo tempo e dall’altro troviamo modelli empirici basati su stimoli e risposte economiche dell’immediato. In realtà una grave pecca delle teorie economiche attuali è il non saper combinare tutti gli elementi appropriatamente. Così oscilliamo tra il liberismo dei mercati, l’ultraliberismo della finanza, il labourismo, l’assistenzialismo, il walfare ed il controllo restrittivo monetario degli Stati (senza tra l’altro una adeguata politica dei prezzi). Insomma a parte l’intento appunto psico-sociale – di regolare l’eccesso di aspettative della cittadinanza – sembra che le politiche economiche attuali un primo grande effetto l’abbiano sortito: una sorta di depressione e povertà generale, a fronte di una crescente incertezza – scatenante le follie più inimmaginabili – che rende ancora più instabile la base vera dell’economia stessa : i cittadini. Fortunatamente viviamo in un’epoca ad altro sviluppo tecnologico, sono sempre più convinta che è proprio quello che ci salverà …

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